Arriverò a dirvi chi sono i vincitori del contest su Instagram e a parlarvi di questi Gyoza, i ravioli di carne giapponesi, ma concedetemi, prima, qualche minuto per raccontare un pezzetto di vita, quella vita che ruota intorno al cibo, di cui si nutre il mio corpo ma anche la mia anima.
Un’attitudine, questa, che ha trasformato le occasioni del pasto in autentici momenti in cui godere e compiacermi, di cui non riesco a privarmi, e che desidero come si può desiderare un grande amore, una giornata di shopping o un viaggio in un posto lontano.
Un pasto saltato mi deprime, uno fatto male mi innervosisce e quello di qualità ha il potere di alleviare molte delle mie sofferenze.
Al cibo riconduco molte delle mie paturnie e, al contempo, dal cibo traggo sollievo, poichè di cibo sono fatta (molto più che d’acqua) e sempre al cibo io tornerò.
Credo ci sia traccia profonda nel DNA che inevitabilmente porta a sviluppare un legame così viscerale, e se osservo mio padre e mia madre seduti a tavola, capisco bene di essere stata una predestinata.
Per Maria Luisa è possibile rinunciare a tutto, ma non ad una torta, se intera pure meglio.
Non c’è picco glicemico che la spaventi, rimorsi che non possano essere vinti con un pizzico generoso di autocomprensione.
Giancarlo invece è disposto a saltarlo, il dolce, ma solo dopo aver concluso un pasto – a base di pastasciutta, carne e tante verdure – con pane inzuppato nel vino: se in compagnia di 20 persone e della durata di due ore, meglio ancora.
Lui non è un esperto di materia prima, penalizzato com’è da sempre dalla mancanza dell’olfatto, ma un appassionato di sostanza, chiacchiere intorno ad un tavolo e ripetuti brindisi, senza caffè ma con tanti ammazzacaffè.
Tra le memorie ricorrenti del passato che i miei genitori amano raccontare, c’è: “tra un cucchiaio di pappa ed un altro, tu piangevi per l’impazienza. Non c’era nessuno capace di starti dietro.”
Sono nata di 4 kg e cento e insomma – vorrei rispondere ogni tanto – diciamo pure che nelle mie vene scorre un sangue che non mente.
Sono sempre stata talmente dedita a mantenermi entro i binari di questa passione, che alla fine è stato inevitabile che mi avvicinassi ad altrettanti cultori e cultrici del cibo.
Quando poi sono riuscita a trasformare queste relazioni in un qualcosa che riempisse totalmente le mie giornate, ho finalmente avvertito il brivido della mitica espressione “fai della tua passione un lavoro e non lavorerai nemmeno un giorno nella tua vita”, frase che va sicuramente accettata per il suo senso metaforico, dal momento che la linea di confine tra lavoro e riposo è un segno che vedo lentamente sparire.
Tra le attività più appassionanti, fonti di stimolo ed arricchimento di questi tempi nuovi, ci sono le giornate che spendo a La Paterna: un rustico situato ai piedi delle colline trevigiane, méta apprezzata da altrettanti appassionati del gusto al pari della scrivente.
L’amicizia con lo chef Giovanni, che all’epoca delle nostre prime visite era da poco entrato in cucina, è nata quando quel rustico di proprietà del padre era un semplice e raccolto agriturismo immerso nel verde, dove si offrivano piatti a base di cacciagione, ortaggi, frutti locali e ingredienti provenienti dalla connessa azienda agricola.
É quel gusto profondo e autentico, con cui veniva riproposta la tradizione veneta, che mi ha fatto avvicinare a Gio’, una persona afflitta dal mio stesso male, incurabile e a lungo andare logorante: l’incapacità di creare e proporre agli altri qualcosa in cui non crediamo e in cui non abbiamo condensato tutte le nostre energie.
Quel qualcosa in più che scorgevo nel suo lavoro, alcuni anni dopo l’ho intuito essere il seme di un’evoluzione profonda, sbocciato poi nella creazione di un luogo, oggi chiamato ristorante La Paterna, in cui si può respirare pace, gusto e il piacere di fare tardi in compagnia, scoprendo un vino nuovo o un lievitato di grande fattura.
Quanto fosse simile il nostro modo di divorarci la vita l’ho appurato quando abbiamo cominciato a lavorare fianco a fianco, alcuni mesi fa.
Tra le pareti della sua cucina trascorro talvolta anche giornate intere, perchè ciò che mi viene richiesto è assimilare quello che viene fatto ed elaborarlo in qualcosa che si chiama comunicazione.
Lui cucina, e io lo aiuto a trovare il modo di tradurre il gusto in parole.
Tra un assaggio, uno scatto ed un altro assaggio, rido, m’incanto, imparo e sono costantemente stimolata a dire la mia: “assaggia dai, tu sei brava, ci tengo a sapere cosa ne pensi”.
Io sorrido sempre un po’ imbarazzata e penso che ormai che… questo scambio sia più un rito, considerato che la credibilità me la sono giocata tutta nella costante ripetizione del
“mah… Gio’, a me sembra perfetto”.
Non credo di averglielo mai detto, ma penso sia un vero matto: un irrazionale creativo, capace di sorprendere in modo genuino e di far ridere a bocca spalancata.
Un secondo aspetto che ci rende simili è l’insofferenza nel rifare le cose allo stesso modo in cui le abbiamo già prodotte.
Il bisogno di esplorare il nuovo è deliziosa tentazione, ossigeno per le nostre menti.
Mi piace essere la sua cavia, e mi piace sapere d’essere per lui uno stimolo.
Reciprocamente, quando io e Gabriele sediamo alla sua tavola come clienti, trova divertente sorprenderci con piatti improvvisati o in via di definizione, proprio come la sera di fine agosto scorso, quando ho scelto di soffiare una terza volta, da lui, sulle mie 40 candeline.
É arrivato con due cocotte di Gyoza ripieni di pesce spada su ristretto di porcini, messi a punto con la sua preziosa giovane spalla, Aniry, e io mi sono sentita come Alì Babà davanti alla caverna pronta ad impadronirmi di un immenso tesoro.
Una grande sorpresa, questi gonfi ravioli (gyoza) di origine giapponese, dal ripieno saporito e ben bilanciato dalla pungenza dello zenzero fresco.
Ah, se me la sono goduta.
Da quel venerdì di fine estate ogni variante è possibile e i gyoza, i ravioli di carne giapponesi, sono entrati tra le prelibatezze che confeziono con gran divertimento, ricamando bordi vezzosi con le dita sempre più veloci, a sigillare ripieni ogni volta diversi.
Poi, l’altro giorno, mentre ero assorta nel consultare un libro di ricette pensando ad un piatto di stagione da abbinare al Dolcetto D’Alba Duchessa Lia, mi sono illuminata: perchè non stuzzicare Giovanni invitandolo a creare qualcosa con me che possa essere apprezzato da tutte le persone che mi leggono?
Un gyoza che abbia le forme orientali ma il cuore veneto, che racconti l’autunno e che vada fieramente a braccetto con un vino dal colore deciso e carico, corposo ma non troppo muscoloso, dai profumi di frutta e fiori rossi.
Non mi resta che augurarvi buon divertimento, alzando il calice per un ultimo brindisi a quelle persone che ogni giorno si svegliano con la curiosià di sperimentare qualcosa di nuovo e che si divertono nel farlo.
Siete voi che rendete più ricco questo mondo.
RICETTA DEI GYOZA, I RAVIOLI DI CARNE GIAPPONESI
PER LA CREMA DI CAVOLO NERO
50 g porro
1 patatina tagliata a cubetti
Una volta tenere, strizzale e tieni da parte.
In una padella fai rosolare il porro nell’olio unito al burro con una presa di sale.
Lascia stufare a fiamma dolce per un po’. Aggiungi la patata tagliata a cubetti e aggiungi un po’ d’acqua.
Quando la patata sarà abbastanza tenera, aggiungi il cavolo nero tagliuzzato e lascia cuocere per alcuni minuti.
Regola di sale e pepe.
PER IL RIPIENO PER I GYOZA,
ravioli di carne giapponesi
Ingredienti
150 g cavolo cappuccio
porro
3/4 bacche di ginepro
mezza cipolla
1 cucchiaio di cipollotto tritato
1 cucchiaio di Salsa di soia
Procedimento
- Fai rosolare un pezzetto di porro e un po’ di cipollotto in un filo d’olio, poi aggiungi le verdure. Lascia stufare, sala e asciuga leggermente.
Recupera eventuali succhi per bagnare il macinato di maiale quando lo cuocerai.
In tutto ti serviranno circa 130 g di verdura cotta per il ripieno dei gyoza.
- Metti lo scapino in acqua fredda con le verdure e porta a bollore.
Abbassa il fuoco e lascia sobbolire fino a cottura (circa 15 minuti, ma controlla che il centro del pezzo sia cotto).
Al termine, taglialo al coltello in cubetti, rimuovendo eventuali parti gelatinose o nervose.
Frullalo ad impulsi per poco, al fine di ottenere un composto più sbirciolso.
- Trita la soppressa al coltello e fai rosolare per poco in padella calda.
Rimuovi la carne evitando di raccogliere il grasso rilasciato nella padella.
- Rimuovi il budello e sfalda la salsiccia con le dita in una pentola calda.
Lascia rosolare per un pochino, quindi aggiungi le verdure tritate (se dovesse aver rilasciato troppo grasso, rimuovilo con della carta).
Fai insaporire, poi aggiungi il macinato e lascia cuocere girando di tanto in tanto con coperchio.
Aggiungi la salsa di soia, il pepe e la salsa worchester e porta a cottura.
Ti serviranno circa 300 g di questo preparato per il ripieno dei gyoza.
COME COMPORRE IL RIPIENO PER I GYOZA
Nel boccale del frullatore, frulla tutto per pochissimi secondi ad impulsi.
Aggiungi un cucchiaio di erba cipollina tritata, una macinata di peperoncino, circa 1 cucchiaio di zenzero grattugiato (a me piace ce ne sia molto ma regolati assaggiando) e una punta di aglio schiacciato.
Copri con pellicola e riponi in frigorifero affinchè i gusti si mescolino bene.
COME FARE L’IMPASTO PER I GYOZA?
Quantità per ottenere circa 34 dischi da farcire
120 g farina per pizza (media forza)
120 g acqua calda
1/2 cucchiaino di sale (da sciogliere nell’acqua)
tagliapasta da 8 cm diametro
Quando la superficie è liscia al tatto, forma un cilindro, avvolgi con pellicola e lascia riposare per almeno 30 minuti.
COME SI REALIZZANO I GYOZA,
RAVIOLI DI CARNE GIAPPONESI?
Taglia il cilindro in due parti, da cui si ricaverai delle porzioni (tipo grandi gnocchi) da circa 15 grammi.
Appiattiscili in forma di disco e stendili con il matterello, dopo aver spolverizzato il piano di lavoro con della fecola di patate, in uno spessore di circa 2 mm.
Con l’aiuto del coppapasta ricava poi dei dischi che disporrai su un vassoio coperto da un canovaccio. Tra un disco e l’altro spolverizza con fecola, altrimenti si attaccheranno tra loro.
Tieni coperto con altro canovaccio per evitare che si asciughino a contatto con l’aria.
E ora che i dischi sono pronti, puoi procedere con la formatura dei gyoza.
Dai un occhio a questo video, se hai ancora dei dubbi tutto risulterà più chiaro!
Dopo averli confezionati, conservali in frigorifero su un piatto coperti da un canovaccio (sotto e sopra) ben distanziati fra loro.
COME SI CUCINANO I GYOZA,
RAVIOLI DI CARNE GIAPPONESI?
Quando è caldo appoggia nella padella i gyoza e lasciali rosolare appoggiati sulla pancia fino a formare una bella crosticina.
Ci vorrà circa un minuto o poco più.Appena si sarà formata, aggiungi due dita d’acqua e copri subito con un coperchio (per evitare schizzi).
Lasciali cuocere con il vapore fino a quando vedrai la pasta diventare più trasparente: ci vorranno pochi minuti.
Togli il coperchio, fai asciugare a fiamma viva l’eventuale acqua rimasta (toglila se è troppa), e falli asciugare completando con un filo d’olio che conferirà lucentezza (puoi anche evitare se preferisci).
COME SERVIRE I GYOZA,
RAVIOLI DI CARNE GIAPPONESI
A piacere puoi aggiungere del cipollotto fresco e qualche chicco di melagrana.
I vincitori del contest su Instagram sono, dunque, Matteo LF e Maria P.
Grazie a voi per essere sempre, da tempo, con me.
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