Torta al cioccolato e ciliegie: No hate – Just cake. Ovvero: la dolce tregua dolce di chi ha sempre qualcosa da tenere in piedi.
Pensavi di essere a cavallo, di avere le redini salde in mano – finalmente – di conoscere la tua direzione, di avere sotto controllo tempi, di padroneggiare gli strumenti giusti per dirigere la tua vita.
E invece … come ci sei finita di nuovo col sedere per terra a rincorrere ogni singolo attimo della quotidianità? cosa ci fai come un pesce rosso che annaspa a fior d’acqua?
Non troppo dolce, come la sua K iniziale: il Kulìč è un lievitato russo tradizionalmente preparato per la Pasqua, il parente ortodosso della colomba: è alto, sontuoso, glassato, portato in chiesa per essere benedetto, come si fa con le cose sacre. E io, che con le lievitazioni lente ho un rapporto al limite tra il mistico e il confuso, non potevo non provarci. Ma è proprio un Kulìč o piuttosto un Cruffin? Un attimo solo, ora ci arrivo.
Continua a leggere…Bundt cake al miele e arancia rossa: in altre parole, le forme gentili ma decise della donna che ammiro.
“Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che tu possa reggere con mano mortale in grado di imprigionare la libertà della mia mente”. Parole dal pugno di Virginia Woolf, nel secolo scorso, mai come oggi attuali e significative per me al pari di: “Ognuno va dove vuole stare e lascia ciò che vuole perdere”. Lo scriveva la “rivoluzione anzitempo” fatta persona, Frida Kahlo, personaggio che m’incanta da sempre, incarnazione di forza e sofferenza, donna che ha amato fino all’osso, che si è spezzata e ricostruita mille volte.
Nelle sue opere, nel suo viso fiero, nel suo fardello di dolore esibito senza vergogna c’è tutta la forza di chi non ha mai smesso di essere fedele a se stessa. È questo che mi ispira di lei: la capacità di stare in piedi nonostante tutto, di raccontarsi senza filtri, di non avere paura di mostrarsi fragile e tenace allo stesso tempo. E di riuscire, senza il minimo fraintendimento, ad esserlo.
Fra piume dorate e velluti scuri, mi sono apparecchiata per il Carnevale mascherandomi come una dama di corte a un ballo segreto, per parlare di… frittelle di Carnevale all’arancia che con Venezia non c’azzeccano nulla.
Cosa penserebbe il Doge se mi vedesse? Forse “Ma come osi, tu, campagnola di terraferma!?”.
Sì, griderebbe allo scandalo, perché ai veneziani certi torti non puoi proprio farli. Un inganno? un affronto storico? o solo un capriccio carnevalesco?
Dogi defunti, quindi a voi che leggete la sentenza.
La solita truffa per intellettuali coi sandali. È questa la frase che sento spesso quando si parla di agricoltura biologica. Me la immagino pronunciata con sarcasmo e una risatina complice, come a dire: “Ah, davvero credi ancora a ‘ste cose?”. Perché è opinione ampiamente condivisa e perché c’è stato un tempo in cui l’ho pensato anche io. Perché il biologico, nel sentire comune, è diventato l’equivalente gastronomico delle campane tibetane: roba per fanatici che ascoltano suonare i cristalli e sborsano cifre blu per una carota.
Continua a leggere…L’ispirazione per questo strudel salato di verdure e ricotta è arrivata qualche settimana fa, mentre me ne stavo con le gambe sotto al tavolo dell’osteria La Paternale di Giavera del Montello, il mio rifugio occasionale quando ho bisogno di sentire calore intorno, e cibo godurioso sotto i denti.
Continua a leggere…Amanti della mania del controllo, questo scarabocchiare lo dedico a voi.
Perché io vi comprendo profondamente e per questo posso dire che vi compatisco e vi giustifico, anche se da qualche tempo sono uscita dal gruppo, con la pressa di Jack Frusciante.
Puglia, estate 2024. Tra un bagno ed un pasticciotto ci ho infilato un corso di orecchiette. L’ho deciso così, su due piedi, anzi su due scalini di una delle tante chiese barocche in una Lecce insolitamente silenziosa e molto scarica di turisti.
“Lezione di cucina con orecchiette e abbinamento di vini” presso La Strada del Vino Wine Bistrot, sotto la guida dell’affascinante Ilenia, tour operator salentina con una solida passione per la cucina di una volta, appresa girando di casa in casa di donne anziane custodi del sapere gastronomico pugliese.
Luglio inoltrato, anzi, agosto, me l’ero scordato.
Vacanze last minute a cui pensare, una casa da smontare e a breve da lasciare, un nuovo tetto da trovare.
Il tempo in queste settimane è scivolato via come una valanga, veloce e inarrestabile.
Treviso è già vuota ma piena di una luce che brucia, il che è davvero perfetto per crogiolarsi in una malinconia che arrangio sulle note di “Azzurro” di Adriano Celentano: un po’ nostalgica ma tutto sommato pimpante.
Sento il bisogno di festeggiare pubblicamente un anniversario, una relazione che dura stabilmente da esattamente 3 anni, giorno più, giorno meno.
Una partenza difficile, a tratti sofferta, a volte quasi al limite dell’esaurimento nervoso, con qualche notte insonne e capelli che, per un breve periodo, cadevano a ciocche mentre ora… farebbero invidia a Sansone.
Un cambio di passo sofferto ma irrinunciabile, per il quale ho dovuto abbandonare anni di abitudini sbagliate, sbilanciate, affaticanti, fintamente equilibrate. Un colpo di spugna al passato, un cambio radicale, eppure, in fin dei conti, così naturale.
Mi era stato detto: “Fidati, tieni duro, questa è la strada giusta ma… ci vorranno mesi di assestamento. Solo la tenacia ti porta al risultato, non l’occasionalità.”.
Di sole e d’azzurro. Ce l’hanno sempre raccontato, in musica e parole, che l’azzurro è lì, sopra le nuvole, dopo la pioggia ed il gelo, sopra i nevai, e anche oltre le stelle ed il cielo. E questo accade sempre, ciclicamente, anche se a volte si vede solo fango, pastosissimo fango fino alle ginocchia che come argilla igroscopica drena tutti i nostri succhi vitali.
Continua a leggere…Ero alla ricerca di qualcosa di nuovo, qualcosa di raro, qualcosa di buono.
Non accontentarmi di quel che è in vetrina mi appartiene. Scavare sotto la sabbia anche. Sono sempre alla ricerca di qualcosa da apprendere, da capire, da rielaborare, da risolvere, da fotografare, da cuocere, da creare, da colorare.
E dopo quasi 5 anni torno a scrivere, ma soprattutto a fare, la Tarte Tropézienne, questa volta a firma Cyril Lignac.
Tropézienne di cui ho parlato qui, croce e delizia che tanto amo e che tante volte mi ha mandata in confusione.
Qualche cosa che forse non sapete sul Tiramisù o Tiramesù (in dialetto veneto), dolce iconico della mia città, Treviso.
Il Tiramisù o Tiramesù è nato nel ’72 a Treviso, nella cucina del Ristorante Le Beccherie, su idea della proprietaria e del suo pasticcere di rientro da un periodo di lavoro in Germania.
Nel 2010 la ricetta originale del Tiramisù è stata depositata con atto notarile presso l’Accademia Italiana della Cucina, a garanzia della sua autenticità.
La sua forma autentica, nonostante lo si veda oggi in forma di “mattonella”, è circolare e ogni porzione equivale ad uno ‘spicchio’.
Sono rientrata da una manciata di giorni da Marrakesh ma credo di aver dimenticato la bussola nei vicoletti angusti del Suq, la vivacità sul terrazzo assolato del caffè da cui osservavo la brulicante Piazza Jamaa el Fna, e la voglia di fare nel tè alla menta che sorbivo ai bordi della fontana del Riad.
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