Dicembre 2023: si tornava dalla Slovacchia, io e Lucia. Quella notte a Vienna si configurava come la tappa finale, a sfondo più mondano, di una settimana passata con gli occhi incollati al pc a ragionare di fotografia.
Per dirla più schietta: sarebbe stata una “due giorni” in cui prendere d’assalto gli hot-spot della città asburgica con quella determinazione che scorre nelle vene solo di chi ha il palato debole per i pezzi da 90 della pasticceria.
Più io che lei, ma che importa, l’unione fa la forza.
Una lista di bandierine piazzate su Google Map da nord a sud del Danubio, sotto un cielo curiosamente dipinto di giallo e blu.
I chiodi dunque erano stati sapientemente fissati a monte: sarebbe stato sufficiente assicurarsi con i moschettoni e lasciarsi scivolare lungo le corde da un punto all’altro del percorso senza alcuna fatica, armate del solo piacere di godere degli iconici capolavori dolciari della capitale austriaca.
Ecco, questo diceva la teoria, mentre tutt’altro fu la pratica.
Ci rendemmo conto a 100 metri dal Café Central che qualcosa non sarebbe andato come avevamo ingenuamente supposto: un duro colpo da accettare per chi nella vita ha giurato a se stessa di non sprecare mai ore in coda, ad eccezione naturalmente di quelle inevitabili in autostrada, ma certamente non per un museo e, men che meno, per una fetta di torta.
Una serpentina ordinata in perfetto stile Grolet s-collegava noi dal famosissimo numero 1010 di Herrengasse: un fiume di irreprensibili umani provenienti da ogni latitudine bloccavano l’accesso alle porte dorate del celebre e storico locale di fine ‘800 tanto amato da Freud e da molti altri nomi illustri.
E qui il dubbio: quanto tempo sei disposta ad accordare all’attesa quando sei solo alla prima tappa del percorso?
Nel mio caso, zero: prima di tutto perché c’hai un saltimbanco dentro che non ti tiene ferma davanti all’idea di mangiarti la città a ritmo spedito e secondariamente perché pensi che quello sia solo una caso isolato, mica certo il leitmotiv dell’intera – seppur mini – vacanza.
Perciò “abbozzi”, nel significato romano del termine, raccontandoti che è solo un caso, e che quelle code per mangiare una brioche o una fetta di torta si vedono solo nella – gastronomicamente parlando – chiccosa Parigi, ma non nell’austera Vienna, e passi oltre, determinata a trovare il tuo spazio come un balneante con l’ombrellone appoggiato sulla spalla e i piedi bruciati dalla spiaggia rovente. E invece eccolo il secondo duro colpo da accettare: no spiaggia libera, no ombrellone, no party, no Sacher. Sì coda, coda, coda e ancora coda: al Café Central, all’Hotel Sacher, da Demel. Coda ovunque, fatta eccezione per il museo di Sissi.
E quindi, presa l’amara visione della situazione non ci rimase che decidere: “Luci, che si fa?” restiamo o non restiamo ferme impalate al freddo in attesa di consumare una fetta di torta “per amor di verità“?
Perché, lo ammetto, in un periodo a cavallo tra panettoni e tortelli, il mio viaggetto alla scoperta della Vienna imperiale si intrecciava profondamente con il desiderio di soddisfare una morbosa curiosità: ma la Sacher che mi portarono in dono nel lontano 1996 era davvero così superba come la ricordava il mio adolescente palato?
Credo fu l’urgenza di risolvere la questione a rendermi più volpe. E così, da buona italiana, provai a buttare lo sguardo oltre le teste perfettamente incolonnate davanti a Demel finché scorsi una scritta dorata: “SHOP”.
Un secondo Ingresso completamente libero, proprio accanto al serpentone. Nel momento in cui mi trovai a chiedermi come mai nessuno ci infilasse la testa… ci fui dentro: faccia incollata alla teca di celebri capolavori come la Dobos, la Foresta Nera, la Russian punch cake mentre, un pochino più in là, anche se solo da ammirare e non toccare, la cattedrale di Santo Stefano in versione gingerbread, una capolavoro per il quale Demel in Italia ci pagherebbe sopra l’Imu.
Con grande stupore notai che nella sala attigua, senza anima viva presente, era possibile assistere alla preparazione del Kaiserschmarrn, quella frittatona che in vita mia non sono mai riuscita ad apprezzare particolarmente, vuoi per quella confettura stucchevole in accompagnamento, vuoi per quel sentore d’ovo stantio.
Eppure quella di Demel aveva un aspetto completamente differente da tutte quelle avvicinate in Alto Adige: un vero e proprio spettacolo da godersi in prima fila mentre proprio tutto il resto della fila stava lì fuori in strada “a battere le brocche”.
Ma perché? Boh. Così era.
Scattai foto a raffica, entusiasta di quella imprevista opportunità, ma rimandai l’assaggio perché nella testa avevo solo lei, la Sacher. Palato lindo, stomaco vuoto: mi ero fatta bella per la grande occasione.
Misi in atto la stessa strategia vincente di infilarmi nello shop anche una volta raggiunto l’Hotel Sacher, dove acquistai, per l’illogica cifra di 28 euro, 4 porzioni della celebre torta in forma di cubetto.
Per godercele, io e Lucia ci sedemmo su una panca di legno a qualche metro da quella massa di persone impacchettate come sardine davanti ai cordoni d’ingresso e tenemmo quei preziosi cubetti tra le mani per un po’ prima di affondarci i denti. Era giunto finalmente il momento atteso e poco importava se non avevo le gambe al caldo. Quando l’amore per la verità supera anche certe necessità.
Fu uno smacco, doppio, anzi triplo carpiato. Fu stucchevolmente deludente, ma deludente al punto tale che mi diede noia finirla.
Ad aggravare la situazione il fatto che erano le due del pomeriggio e quel cubetto era il mio primo pasto della giornata, quindi, dalla sua, 100% di probabilità di risultare appetibile.
E, invece, glasse nauseabonde per prezzi incomprensibili, e la sensazione di trovarsi innanzi ad un gran business per masse sedotte dal fascino di una storia meravigliosa.
Tornai sui miei passi e cercai nuovamente conforto al bancone della caffetteria di Demel, scavalcando, senza pestare i piedi a nessuno ma usando solo il buon senso, un’altra volta il vagone di persone in coda. Perché, si sa, bere un caffè con rapido servizio seduti sul trespolo al bancone e non nella sala da tè è roba per svegli (mi sia concesso), ma non per tutti.
E fu lì che trovai un senso di giustizia al termine di quel vagare, infilzando la forchetta nei soffici bocconi di Kaiserschmarrn: dorata, equilibrata, gustosa, qualcosa che non aveva nulla a che spartire con le banalissime frittate assaggiate finora nelle nostre zone di montagna. Servita con una composta, più che una confettura, lenta, nel senso di liquida, di ciliegie dal color Borgogna.
Quel pancake costellato di uvetta al rum, come la chiamano internazionalmente da Demel, è una delle cose più goduriose provate nel 2023, Parigi inclusa.
Ciao Sacher, Der Kaiserschmarrn is the new black.
NOTE
Per realizzare la ricetta originale del Kaiserschmarrn di Vienna perfetta suggerisco di seguire le indicazioni a seguire.
Ho provato più volte a realizzare la ricetta come suggerito nel video su YouTube da Demel ma quel procedimento non mi portava ad ottenere una pastella incredibilmente ariosa come quella che loro versano nelle padelle roventi.
Perciò ho rivisto la procedura e l’ho riadattata ad una gestione domestica ricordando una celebre regola di pasticceria legata all’unione delle masse: per non smontare il composto, “il morbido va sempre nel duro, e mai viceversa“. Quindi, la pastella liquida va negli albumi più sodi e non viceversa.
Utilizzare la planetaria e la spatola pasticceria per incorporare le due masse garantisce un risultato eccezionale.
Da Demel tutta l’operazione di cottura viene eseguita nella padella: la pastella viene versata nella pentola generosamente imburrata e dopo alcuni minuti tagliata a spicchi con l’aiuto di un tarocco. Quegli spicchi poi vengono girati per ultimare la cottura. Questo è semplice se si hanno a disposizione padelle molto grandi e capienti, antiaderenti e con un bel fondo alto.
Diversamente il rischio di bruciare tutto è molto alto.
Per ovviare il problema suggerisco la cottura del Kaiserschmarrn in forno dopo qualche minuto sul fuoco: questo assicura un risultato omogeneo della frittata.
Una considerazione sulla confettura: da Demel servono il Kaiserschmarrn con una composta molto liquida, poco dolce e piuttosto acidula di ciliegie.
Trovo che la combinazione sia eccezionale. Bandirei confetture troppo concentrate e asciutte. I bocconcini di Kaiserschmarrn sono già asciutti e necessitano di qualcosa di umido e più liquido. Potendo, quindi, consiglio di abbinarla ad una composta fatta in casa con una percentuale di zuccheri inferiore al 45%.
Ricordo infatti che “la composta può essere definita come una marmellata di frutta preparata però con poco zucchero, in genere in percentuale inferiore al 45%. Per composta di frutta si intende quindi un prodotto che non ha un contenuto sufficiente di zuccheri per essere chiamata confettura o marmellata”.
Fonte qui.
Se sei amante della Sacher e vuoi provare una versione davvero eccellente, clicca QUI, la troverai nella sezione di ALTA PASTICCERIA che ho sviluppato per Kenwood Club.
LA RICETTA DEL KAISERSCHMARRN
INGREDIENTI
Per la Schmarren
4 uova grandi
200 g latte intero
120 g farina tipo 00 W200 – Grandi Molini Italiani
scorza grattugiata di 1/2 limone
1 bustina di zucchero vanillinato ( oppure 2 cucchiaini di questo)
30 g zucchero semolato
2 prese di sale
30 g uvetta sultanina Bio
15 g rum
Per cuocere
60 g burro (meglio se chiarificato)
50 g di zucchero semolato
Per guarnire
1 vasetto di composta di ciliegie oppure confettura di ribes o frutti rossi
zucchero a velo per spolverizzare
Ribes
PROCEDIMENTO
Per preparare la ricetta originale del Kaiserschmarrn di Vienna porta tutti gli ingredienti a temperatura ambiente.
Setaccia la farina, sciacqua l’uvetta e poi mettila a macerare nel rum per una mezz’ora.
Porta il forno a 180°C, modalità statica.
Separa i tuorli dagli albumi.
Versa quest’ultimi nella ciotola della planetaria e inserisci la frusta per montare.
In una ciotola monta i tuorli con lo zucchero vanigliato e la scorza del limone per qualche minuto.
Aggiungi, alternando, qualche cucchiaino di farina setacciata e il latte, in più riprese, fino ad esaurire gli ingredienti.
Aggiungi infine anche il sale e mescola.
Devi ottenere un composto liscio, assolutamente privo di grumi.
Diversamente passa il composto allo chinois o al setaccio.
Quando la pastella sarà pronta dedicati agli albumi.
Fai partire la planetaria a medio bassa velocità e, appena inizieranno a schiumare, versa un po’ alla volta i 30 g di zucchero semolato.
Aumenta la velocità (portala a 3/4) fino ad ottenere una massa ferma e stabile, il famoso becco d’uccello: ci vorranno circa 3 o 4 minuti. Presta attenzione a non montare troppo, diversamente la massa prenderà una texture granulosa. Fermati quando sembrerà una bella schiuma da barba che non cola se sollevata.
A questo punto togli la ciotola dalla planetaria e versa, un po’ alla volta, la pastella di tuorli negli albumi montati a neve piuttosto ferma incorporandoli dall’alto verso il basso con una marisa.
Presta attenzione a non smontare il composto.
Poni una padella antiaderente (con fondo spesso e adatta alla cottura in forno) diametro 28/30 cm sul fuoco (oppure due più piccole).
Aggiungi il burro e lascialo sciogliere. Versa la pastella distribuendola uniformemente. Tieni il fuoco medio.
Dopo circa 2 minuti distribuisci bene l’uvetta e qualche goccio di rum.
Appena inizi a vedere le bolle in superficie (ci vorranno altri 2 minuti circa) togli la padella dal fuoco e infilala nella parta medio-bassa del forno.
Cuoci fino a doratura superficiale (cioè per altri 5/6 minuti circa).
Estrai dal forno, rompi il Kaiserschmarrn in pezzi non troppo piccoli (tipo bocconi) con 2 forchette oppure aiutandoti con due spatole.
Spolverizza dall’alto i 50 g di zucchero e fai caramellare velocemente i pezzi.
Togli dal fuoco e servi subito con un po’ di zucchero a velo e qualche rametto di ribes.
Accompagna con composta di ciliegie o confettura di ribes o frutti rossi.
Il Kaiserschmarrn può anche essere cotto interamente in forno oppure sul fuoco e capovolta a metà cottura con l’aiuto di un coperchio (come una frittata).
Tempo di cottura totale circa 8 minuti.
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