Sono in partenza e sono tesa, perchè devo farlo in un momento in cui so che sarebbe meglio non mi allontanassi da casa.
Sono in partenza e sono felice, perchè tornare in mezzo alla natura mi ricorderà che c’è qualcosa di bello per cui vale la pena sopportare tante quotidiane brutture della vita, dei tempi e della società.
Sono in partenza e sono emozionata, perché da quando sono rientrata dalla Val Zoldana non ho più fotografato per puro piacere, ma unicamente per dovere.
Qualche giorno fa, dopo aver ricevuto il programma del viaggio che mi attende, ho pensato di chiamare papà:
“Come stai?”
“Solito. Notte tra il letto e la poltrona.”
“L’hai detto all’infermiere?”
“No, vedo poi… quando passa il dottore. Come va il tuo lavoro?”
“Va. Ho consegnato il libro e tra qualche giorno parto per l’Alto Adige… ti ricordi? Te ne avevo parlato. In programma c’è la zona del Monte Corno, detto anche il Parco dei boschi. Lo conosci?”
“Per la verità non conosco molto quelle zone. Cosa devi fare?”
Bella domanda, se solo riuscissi, almeno una volta, ad imboccare la strada più semplice per darti la risposta.
Vabbè, comunque te lo meriti più che mai, quindi ci provo.
“Vado alla scoperta dei luoghi meno noti dell’Alto Adige, quelli che, mi sembra di capire, non conosci neppure tu.”
“Dopo provo a leggere qualcosa. Ma cosa farai? Foto?”
“Anche. Cerco di raccontare quello che vedo alle persone che mi leggono, con le parole e, sì, anche con le foto.”
“Ho capito.”
Bene, forse ci sono riuscita.
“Pare sia un luogo diverso dai classici panorami a cui siamo abituati: non è costellato di Dolomiti che svettano nel cielo, ma ci sono tanti prati, boschi e vegetali che in autunno regalano scorci non meno interessanti”.
La classica domanda provocatoria che in una situazione standard avrebbe posto a seguire è: “posso venire anche io? Ti porto la borsa”.
Tuttavia, com’è prevedibile, questa volta non ha neppure voglia di scherzarci su.
Mi viene quindi l’idea di suggerirgli di “seguirmi via telefono” ma, mentre lo penso, immagino il suo sguardo tra il perplesso e lo smarrito e finisco per pronunciare il solito ritornello-tormentone degli ultimi ultimi mesi:
“Mi raccomando, papà…” seguito da enne “… cerca di fare questo/di non fare quello”.
Settembre si sta rivelando bizzarro non meno degli altri mesi di questo folle anno e nella mia testa rimbombano solo queste parole: è proprio quando pensi di aver visto tutto, qualcosa riesce comunque a sorprenderti. Di solito in peggio. Stai in campana.
Ieri mattina, mentre camminavo lungo la strada senza marciapiede che mi conduceva al padiglione dell’ospedale per “l’ennesimo controllo a 6 mesi” che sono diventati ormai più di due anni da quel giugno 2018, mi sono resa conto che invece di svagarmi vagliando cosa mettere in valigia, osservavo i guidatori dentro alle auto che incrociavo.
L’intento? Capire se fossero distratti o meno. L’obiettivo? Salvarmi nel caso lo fossero stati per davvero.
Uscita dall’ospedale poi, mi sono poi sorpresa a fare la medesima considerazione calcando il lato opposto della strada e, dopo circa 10 minuti di passeggiata, a concludere che accettare di raggiungere l’Alto Adige in treno tutto sommato era stata la scelta migliore per evitare rallentamenti, forature, e chissacosaltro.
Insomma, tra le 8 e le 10 del mattino, il momento da sempre più glorioso e produttivo della mia routine giornaliera, avevo destinato tutte le mie energie a simulare ipotesi di salvataggio da immaginifiche sventure.
Quando si dice “una donna a disagio”.
Poi, a ora di pranzo, ricevo un link da Gabriele: conteneva interessanti riflessioni di Oliver Burkeman. Ricordavano che, se è vero che metà delle sofferenze umane sono generate dal tentativo di controllare cose che non dipendono da noi, è chiaro che smettere di farlo automaticamente dovrebbe farci sentire meglio.
“Vorremmo sapere, dal nostro punto di vista presente, che in seguito le cose andranno bene. Tuttavia non possiamo farlo ed è questo il motivo per cui è sbagliato dire che viviamo in tempi particolarmente incerti. Il futuro è sempre incerto, è solo che in questo momento storico ne siamo particolarmente consapevoli. È liberatorio capire che, per quanto ci agitiamo, non potremo mai alterare questa verità. È comunque utile fare progetti, ma è meglio farlo con la consapevolezza che un piano è sempre e solo una dichiarazione di intenti del presente, non un laccio lanciato verso il futuro per tenerlo sotto controllo. Il maestro spirituale Jiddu Krishnamurti diceva che il suo segreto era semplice: non mi importa quello che succederà. Questo non significa non cercare di migliorare la nostra vita e quella degli altri. Significa solo non vivere ogni giorno nell’ansia, pronti a vedere se le cose vanno come speravamo.”
Insomma, Burkeman accompagnava il mio pollo arrosto con un invito che non potevo ignorare: per vivere meglio, devo smettere di proiettare fanta-scenari su quello che mi attenderà da qui a breve giacché, quando qualcosa accadrà, io improvviserò, esattamente come ho sempre fatto e come fa chiunque, anche colui che non ha mai sprecato mezzo minuto a pensare che sarebbe accaduto.
Per il momento mi limito a dichiarare i miei intenti: mettermi sulle tracce di un autunno che, a quanto pare, si è perso per strada.
Torta rovesciata alle pere e cioccolato con cannella
STRUMENTI
teglia in alluminio svasata diametro 21 (diametro base 17)
spatola
frusta
setaccio
padella
INGREDIENTI
3 pere dalla forma tondeggiante + 1/2 da aggiungere all’impasto
2 cucchiai di zucchero semolato
120 g burro
150 ml di latte intero a temp. ambiente
100 g miele di acacia
2 uova
2 g sale
110 g zucchero di canna
180 g farina per dolci
40 g cacao amaro
1 bustina lievito per dolci
2-3 cucchiai di gocce di cioccolato fondente
cannella
PROCEDIMENTO
per la Torta rovesciata alle pere e cioccolato con cannella
Prepara le pere
Per preparare la torta rovesciata alle pere e cioccolato comincia tagliando a metà le 3 pere dopo averle sbucciate.
Privale del torsolo con uno scavino.
In una padella fai caramellare due cucchiai di zucchero semolato, quindi adagia le pere e lasciale ammorbidire per qualche minuto. Spegni e sistema le pere sul fondo della teglia che avrai precedentemente ricoperto con carta forno (oppure imburrato bene e ricoperto di zucchero). Spolverizza con della cannella.
Taglia l’altra mezza pera a pezzettini piccoli e tieni da parte.
Realizza l’impasto
In una ciotola capiente versa il burro fuso (al microonde o sul fuoco), poi aggiungi il miele e il latte. Mescola e lascia intiepidire.
Aggiungi ai liquidi le uova e il sale, poi amalgama il tutto con una frusta fino ad ottenere un composto liscio.
Setaccia la farina con il lievito e il cacao in una ciotola grande, aggiungi lo zucchero di canna e mescola bene.
Aggiungi i liquidi e mescola quanto basta per rendere l’impasto omogeneo.
Incorpora con una spatola le gocce di cioccolato e i pezzetti di pera.
Versa l’impasto e cuoci
Rovescia il composto sulle pere, poi inforna in forno preriscaldato a 180°C, modalità statica, per circa 45/50 minuti (regolati con la potenza del tuo forno).
Fai la prova stecchino prima di sfornare: potrebbe essere necessario prolungare la cottura.
Sforna e lascia intiepidire.
Capovolgi la torta alle pere e cioccolato solo dopo averla raffreddata per qualche ora in frigorifero.
Ti piacciono le torte rovesciate? Guarda il video per realizzarne una con le susine!
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