Ho impacchettato Maggio con una certa dose di sollievo.
Se mi avessero detto cosa avrei trovato dietro le porte di questa fase 2 non mi sarei alzata così volentieri dal letto quel 4 mattina.
Allo scadere dell’isolamento pensavo di aver schivato gli ospedali e invece mi sono ritrovata nel mezzo del fosso con entrambi i piedi e nella peggiore delle posizioni, tentando di interpretare a distanza come curare mio padre, senza sapere come sarebbe andata a finire e sperimentando nuovamente sulla pelle quanto i problemi di salute siano una delle cose più spiazzanti del vivere.
La sensazione è sempre la stessa: un po’ come se qualcuno ti aprisse la botola sotto i piedi e tu cercassi di aggrapparti a qualsiasi appiglio per non finire giù a peso morto.
Con tutte le energie che avevo in corpo sono riuscita tenermi salda al bordo del pavimento: tutto merito di quella dieta iniziata il giorno della festa dei lavoratori e che, a distanza di 1 mese esatto, mi sento di dire ha i giorni contati.
L’ironia della sorte aveva inoltre previsto inoltre che Maggio, da me scelto come mese di austera alimentazione, si trasformasse nel periodo più denso di “incontri ravvicinati con il cibo” degli ultimi 6 mesi: il tutto per il piacere di rendere la quotidianità più sfidante.
Nel tempo libero mi cibavo d’erba e poche proteine mentre durante le ore di lavoro, con la testa piena di pensieri e la bocca asciutta, fotografavo gelati, creme spalmabili e mozzarelle di bufala accompagnate da calici di vino.
Al termine della giornata smontavo i set, riponevo gli avanzi in frigo e mettevo a tacere – non senza una sofferta indifferenza – i brontolii dello stomaco scolandomi grandi bicchieri d’acqua.
Giugno però è arrivato sull’onda di un vento più propizio. Ha messo radici sulle ceneri di Maggio evocando, con un tempismo svizzero, immagini e parole di una canzone che amo molto e che ha fatto da colonna sonora a tante mie giovani estati.
“…C’è un tempo perfetto per fare silenzio
Guardare il passaggio del sole d’estate
E saper raccontare ai nostri bambini quando
È l’ora muta delle fate
Dicono che c’è un tempo per seminare
E uno più lungo per aspettare
Io dico che c’era un tempo sognato
Che bisognava sognare…”
Mi sono sempre appropriata di queste parole senza badare alle sottese sfumature amorose che avevano ispirato il testo di Fossati. Mi affascinava questa versione poetica dell’evolversi del tempo, quel tempo che esiste per tutto: per soffrire e per gioire, per riflettere e per agire, per lavorare e per riposare.
Di Maggio avrei potuto celebrare i suoi colori vibranti e invece quello che il destino aveva previsto era un tempo per lavorare, soffrire e riflettere.
Ma poi, come ciclicamente accade, questo tempo se ne è andato in favore di altro ed io non ho sprecato un momento per coglierlo.
Perciò, più leggera nell’animo e nelle forme, sono uscita di casa con tutte le intenzioni di fare il pieno di quel “verde speranza” di cui i miei polmoni sentivano un gran bisogno.
Ho percorso pochi chilometri lasciandomi Treviso alle spalle per addentrarmi in quel vasto territorio che la circonda e che viene chiamato da tempi antichi Marca Trevigiana.
Girovagando per i colli di Susegana e seguendo strade che offrono ampie viste su vallate coperte di viti e boschi di carpini, faggi e querce, sono giunta nei pressi della frazione di Collalto, sito noto per la presenza di un castello medievale di cui restano tuttora visibili la torre e alcuni tratti di cinta muraria.
Poche anime nei paraggi ma tante belle dimore tra le fronde degli alberi che costeggiano le strade: anche se non sapevo che forme avesse, ero certa che lì si trovasse la sede di Nasi Rossi, a mio parere una delle migliori espressioni di blend di uve locali quali Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc.
Ho scoperto il loro vigneto-giardino al termine di una stradina sterrata lungo cui si alternavano ulivi, piante da frutto e rigogliosi vitigni ed è lì che ho tratto un primo profondo e rigenerante respiro, calpestando l’ampio spazio d’erba bassa e curata in mezzo a cui si erge la loro casa colonica, Maso di Villa, una proprietà in mattoni faccia-vista completamente ricoperta d’edera che svela un’eleganza di reminiscenza francese, destinata ad ospitare gli amanti del verde e del buon vino.
A differenza di molte altre occasioni, avevo fatto poca strada, e mi sentivo come non mai nel posto giusto al momento giusto.
Giusto al di là del patio, decorato con raffinati tavoli e sedie in ferro bianco battuto dove gli ospiti possono godere ogni istante della bellezza del luogo, potevo scorgere l’arco di rose che invita a passeggiare tra le aiuole di un orto in cui fiori, frutti e verdura si mescolano con disinvolto rispetto.
Da quella privilegiata posizione riuscivo a cogliere tutta la ricchezza che rende Maso di Villa un luogo autentico oltre le mode chiassose e ostinatamente pubblicizzate: esattamente la stessa sensazione che si prova degustando un calice del loro “Nasi Rossi”.
Ammirando la bellezza di un cesto in ferro colmo di ciliegie appena raccolte, pensavo che è proprio questa la forma educata e non strillata del Veneto che amo, quel Veneto concreto e autentico, ancorato sì alla sua storia e alla sua terra, ma evoluto nel pensiero ed educato nei modi.
Nel momento in cui il sole aveva raggiunto il punto più alto in cielo e la luce era divenuta troppo sfacciata per le mie capacità fotografiche, ho tappato l’obbiettivo e salutato con un altro profondo respiro quel regno verde abilmente convertito in una dimora di charme che tanto mi ricordava il mondo di Arrietty.
Ho quindi riposto i cartoni di vino nel bagagliaio e lanciato uno sguardo d’intesa ad un bambino emozionato che si avviava verso la vigna in sella ad un borbottante trattore arancione.
Einstein diceva che la creatività è contagiosa.
Sarà per questo che, una volta giunta a casa, sono scesa in magazzino per riemergere poco dopo con tubi di colore e tavole di legno sotto il braccio.
Nessuna pretesa di sentirmi pittrice, solo il piacere di imprimere su materia tutto il potere benefico di quel verde. Ho azzardato usando i colori ad olio e mi sono imbrattata le mani di quella crema setosa e lucente che una qualche casa di colori ha definito curiosamente “verde vescica”: una triste coincidenza che per un attimo mi ha fatto ripensare ai disagi familiari di Maggio.
Ci sono voluti giorni affinché si asciugasse, ma quel pezzo di legno che un tempo era un cassetto per strumentazioni da lavoro, oggi è uno sfondo fotografico su cui ogni cosa che appoggio sembra prendere vita.
Sono convinta continuerai a stupirmi, Giugno.
La ricetta della Babka rotonda al cioccolato e pistacchi
Per realizzare questa Babka rotonda alla crema di nocciole e cioccolato ho scelto la Farina di grano tenero tipo 2 | W295 di Grandi Molini Italiani.
Aprendo il pacchetto si può percepire quel profumo intenso del grano semintegrale dalle tante virtù nutritive, che donerà un colore più scuro all’impasto.
Se non si ama la farina integrale e si preferisce una variante più classica, è possibile realizzarla anche usando una tipo 0 specifica per pane/pizza/dolci lievitati come questa Farina tipo 0 1kg | W 270 (circa 630 grammi).
INGREDIENTI
Per l’impasto brioche
185 ml latte intero
10 g cardamomo in polvere
zeste di arancia non trattata
75 g burro di qualità
150 g zucchero semolato
115 g acqua naturale
7 g lievito di birra secco (oppure doppia dose di quello fresco)
600 g farina tipo 2 (W 295) Grandi Molini Italiani (oppure vedi note sopra)
7 g sale fino
2 uova medie
Per la farcia
350 g crema di nocciole
granella di pistacchi o nocciole (a piacere)
(In alternativa è possibile utilizzare 350 g di confettura, preferibilmente densa)
Per la lucidatura
50 g acqua
100 g zucchero semolato
PROCEDIMENTO
per la Babka rotonda al cioccolato e pistacchi
STEP 1 – PREPARA L’IMPASTO BRIOCHE
Scalda il latte in un pentolino insieme al cardamomo e le zeste di arancia. Non deve bollire.
Tiralo via dal fuoco e aggiungi il burro a cubetti.
Aggiungi lo zucchero, mescola bene e lascia intiepidire il tutto.
Porta l’acqua ad una temperatura intorno ai 35°C (tra i 32°C e i 38°C va comunque bene).
Stempera il lievito sul fondo della ciotola della planetaria con l’acqua tiepida.
Aggiungi la miscela intiepidita di latte, zucchero e burro fuso.
Nel frattempo, in una ciotola a parte, setaccia la farina e aggiungi il sale.
Miscela con le dita.
Monta il gancio ad uncino, quindi versa le polveri nei liquidi, un po’ alla volta.
Aggiungi anche le due uova, precedentemente rotte con una forchetta, ed il resto della farina.
Continua ad impastare a velocità media (circa 2.5) per almeno 15 minuti.
Noterai che l’impasto risulterà leggermente appiccicoso: ogni tanto spegni la macchina, staccalo dal gancio e dalle pareti e ribaltalo alcune volte aiutandoti con una spatola.
-> Frena il desiderio di aggiungere farina: non è necessaria.
STEP 2 – FAI PUNTARE L’IMPASTO
Quando l’impasto si staccherà piuttosto bene dalle pareti e, tendendolo con le dita, ti sembrerà piuttosto elastico (non dovrebbe strapparsi), rovescialo sul piano di lavoro leggermente unto di burro.
Ungiti le mani, quindi impastalo brevemente per dargli una forma tonda.
La superficie dovrà essere liscia e setosa.
Riponi la palla d’impasto sul fondo della ciotola. Copri la ciotola con pellicola e lascialo “puntare”: non deve raddoppiare di volume ma gonfiarsi di almeno un 50% in più.
-> A giugno, con circa 22 gradi in casa, mi sono serviti circa 50 minuti.
Se lo prepari in inverno puoi riporre la ciotola coperta da pellicola in forno con la porta socchiusa e la luce accesa.
STEP 3 – SGONFIA L’IMPASTO E RIPONI IN FRIGORIFERO
Al termine spolverizza il tavolo con un po’ di farina e capovolgi l’impasto.
Sgonfialo leggermente con le nocche e impastalo leggermente fino a riportarlo alle dimensioni originarie, poi avvolgilo con pellicola ben stretto e riponilo in frigorifero (nella parte più fredda) per almeno 6 ore.
Puoi vedere tutti i passaggi in VIDEO, a partire da questa fase di lavorazione, nelle storie in evidenza del mio account Instagram. Se vuoi vederle clicca qui.
STEP 4 – STENDI L’IMPASTO E FARCISCILO
Una volta raffreddato stendi l’impasto sul piano leggermente infarinato in un rettangolo di 30*60 cm.
-> Non eccedere nell’uso della farina.
Stendi la crema di nocciole con delicatezza su tutta la superficie, tenendoti a circa 2 cm dai bordi. Puoi aiutarti con una spatolina a gomito. A piacere distruibuisci granella di pistacchi o nocciole.
Arrotola bene il tutto, partendo dal lato più lungo, in forma di salsicciotto.
Ponilo con delicatezza su una teglia coperta di carta forno. Copri bene con pellicola e riponi il tutto in congelatore per circa 30 minuti: sarà più semplice tagliarlo.
STEP 5 – IL TAGLIO, L’INTRECCIO E LA LIEVITAZIONE FINALE
Nel frattempo fodera con carta forno la base di una teglia ad anello diametro 23 cm.
Imburra le pareti.
Una volta freddo taglia il salsicciotto in tutta la sua lunghezza con una forbice.
Intreccia i due cordoni che avrai ottenuto e infine piegali a formare una sorta di corona. Cerca di ricomporre al meglio fra loro le due estremità.
Riponi subito la corona nella teglia e riponi in forno spento con luce accesa e una ciotola d’acqua calda sul fondo (la temperatura dovrà essere intorno ai 35° C).
Lascia lievitare fino al raddoppio (a me è servita circa 1 ora e mezza).
Porta il forno a 175°C modalità statica. Spennella la babka con una miscela di uovo sbattuto con acqua.
Inforna nella parte media del forno per circa 40 minuti.
STEP 6 – LUCIDA LA BABKA
All’uscita dal forno puoi lucidare la Babka rotonda alla crema di nocciole e cioccolato con uno sciroppo realizzato con 50 g di acqua e 100 g di zucchero semolato.
Per farlo, metti tutto sul fuoco e lascia sobbollire per qualche minuto (fino a che lo zucchero non si sarà sciolto e il tutto avrà una consistenza più densa e sciropposa, non troppo altrimenti lo zucchero cristallizzerà nuovamente).
Spennella lo sciroppo sulla superficie per renderla lucida.
A piacere, guarnisci con granella di pistacchio o nocciole.
Si conserva per qualche giorno e, se non mangiata entro le 24 ore, è consigliabile scaldarla per poco prima di servirla (il forno va messo intorno ai 30°C per evitare che si asciughi perdendo l’umidità).
3 Commenti
Ciao come crema di nocciole posso usare la Nutella?
Certo che sì!
Grazie ☺️