La torta di mele viennese, il dolce austriaco della tradizione. E io come ci sono arrivata a sbucciare granny smith in piena estate?
La prendo alla larga: io non ho mai fatto molto affidamento sulle risposte facili o le soluzioni intuitive.
Non so dire se sia un fatto genetico o culturale, o magari ancora ”zodiacale”, come molti amano raccontarsi, a mio avviso piegandosi ad una forma di autoassoluzione.
Eppure, se volgo la testa indietro, il passato mi appare come un foglio bianco costellato di puntini, al pari di uno di quelli che si è soliti risolvere sotto l’ombrellone, quando le risorse mentali per il rebus sono evaporate. Con il solo aiuto di una linea immaginaria potrei collegarli tutti, e il percorso mi apparirebbe facile e intuitivo.
Lo posso fare perché ora ho capito come risolverlo.
Tuttavia la cosa non sembra bastante.
Durante le prime ore di queste calde giornate, mentre distesa sul letto ad occhi chiusi sento i ranocchi gracchiare affannosamente, mi chiedo come mai non l’abbia fatto prima.
Da cos’ero distratta mentre m’affannavo a risolvere rebus fuori dalla mia portata?
Mi rispondo che i punti non c’erano tutti. Si sono rivelati nel tempo come ricompense di schemi di un gioco affatto banale: una sorta di sfida a livelli crescenti in cui l’ultimo non concedeva altro che una seconda vita.
Che fortuna comunque, non sempre accade.
E così oggi, su queste pagine, racconto che posso permettermi il lusso di osservarli quei segnali, e di interpretarli come mai ho saputo fare prima.
Fin da ragazzina manifestavo il desiderio di autonomia, finanziaria e decisionale.
Le due volontà andavano di pari passo ma, inevitabilmente, solo la prima non era soggetta ad accese discussioni familiari.
Mia madre me l’aveva inculcato nel profondo fin da piccola, come un berretto sulla fronte in pieno inverno: “sii autonoma, sarai libera di non dipendere da nessuno”.
Uhm, fosse vero.
Poco importa, all’epoca questo sentire mi era entrato nelle vene fino a condizionare qualsiasi mio gesto o progetto.
All’età di 14 anni volevo, volevo tanto, e lo volevo subito: voti soddisfacenti, cd, viaggi, vestiti. Per i primi c’era lo studio, per tutto il resto … un lavoro.
Entrai quindi, un po’ prematuramente, nel giro degli studenti lavoratori, quelli delle lunghe e sfibranti notti estive a salire e scendere scale nella pizzeria più affollata della mia città, occhi lacrimanti per il fumo, compensi indegni al pari di un campo di pomodori.
Poi la svolta o un puntino nero, come mi piace vederlo ora.
Mi congedai dalle pizze per presentarmi nel lussuoso ristorante che aveva da poco aperto a qualche centinaio di metri da casa mia. Una signora poco più che sessantenne, da poco in pensione, aveva scelto di dare fondamenta alla sua grande passione: la cucina.
Con l’aiuto di altre 3 donne, una sorella e due cugine, ci aveva investito il patrimonio.
Serafici angeli e fiori delicati erano dipinti sui soffitti, tappeti pregiati coprivano eleganti marmi veneziani, tovaglie candide di fine tessuto ricadevano da massicci tavoli laccati.
Un giardino inglese, fiori freschi, posate d’argento. “Da Renzia” si osservava il culto dell’eleganza, del buon gusto.
E infatti Renzia (nome insolito – ho sempre pensato) non si è mai risparmiata nulla, in cucina e in sala.
I suoi gloriosi anni ’80 li aveva vissuti dividendosi tra l’ufficio e le cucine di altisonanti nomi della ristorazione veneta e parigina.
Anno dopo anno aveva appreso tecnica e abilità, fino alla matura decisione di diventare una di loro, creando un luogo che a Treviso non aveva rivali. Il mercoledì sera teneva corsi di cucina cui partecipavano le ricche signore della città.Io potevo andarci gratuitamente, ma non mi presentavo mai. Sia mai.
Ero furbissima: arrivavo giusto 5 minuti prima che le allieve si sedessero a tavola per servire loro tutto quello che al corso avevano preparato. Poi, alle 23.00, molto sbrigativa, pronunciavo: grazie e arrivederci a sabato prossimo.
E poi via di corsa a casa, bella ignorante come alle 19 di sera, ma col portafoglio a posto.
Deglutisco, al sol pensiero.
Avevo 17 anni e mi affacciavo a quel mondo con relativo rispetto e sufficiente distanza. Lo snobbavo, ritenendo che la Scuola fosse l’unica realtà degna di insegnarmi qualcosa di utile per la vita.
Sia chiaro Signora, io presenzio per guadagnarmi il pane, mica posso anche imparare a cucinare.
Deglutisco, ancora.
Da Renzia mangiavo però, e di gusto pure. I tavoli erano pochi e il tempo per piluccare tra una portata e un’altra c’era, e a volontà.
Mi dividevo tra piccoli croissant sfogliati e mantovanine al latte, tra baci di dama e brutti ma bòni.
Talvolta ingollavo una fetta di Tarte Tatin, qualche boccone di testina di vitello su cavolo rosso, alcuni cucchiai di salsa pevarada.
Non c’era sequenza logica, perché era tutto così tremendamente buono, gustoso, e io avevo 17 anni e sempre tanta fame.
Il sogno di Renzia non è durato molto ed è finito senza gloria. Me lo ha confidato qualche anno fa, davanti ad una tazza di te, senza alcun biscotto: “Go da dimagrir, bea” (devo perder peso, bella).
L’avevo cercata per mesi; erano passati circa 15 anni dall’ultima volta che ci eravamo viste tra le pareti del suo ristorante, in occasione della mia festa di laurea. Volevo imparare, assorbire tutto, ma lei non aveva più le energie per raccontarmi nulla.
Pensava solo al suo prossimo viaggio in Sicilia, in compagnia di un’amica, come facevo io 20 anni fa.
Con gli occhi di oggi, Renzia non era troppo anziana per sopportare tutto, era semplicemente troppo di nicchia per un’epoca in cui, almeno nella mia città, l’alta cucina era considerata “affare” per ricchi e chi stava dietro i fornelli era semplicemente uno cuoco, non uno chef.
Me ne sono andata con la coda tra le gambe e molto rammarico per la mia fenomenale incapacità di scelta dei tempi.
Quel puntino nero, nel mio percorso di vita, mi è apparso per lungo tempo un black hole.
Poi un bruttissimo giorno di fine Maggio 2018, la sera prima del mio ricovero per un intervento che non dimenticherò facilmente, trovo un sacchettino di nylon appeso al cancello di casa.
Conteneva tanti fogli A4, un post-it giallo e un cuore rosso.
Tra le mie mani avevo le dispense di almeno un centinaio di corsi di cucina di Renzia: primi, secondi, dessert e lievitati.
No, non era un regalo di Renzia, ma di un’amica vera che conosceva il mio desiderio e ha fatto in modo che si avverasse, per quanto nelle sue possibilità.
Ho numerato le pagine, creato un indice, rilegato in volumi.
Qualche giorno fa ho aperto il volume dei dessert a caso, ripromettendomi di fare la prima cosa che mi fosse capitata.
Eccola, la torta di mele viennese: il dolce austriaco della tradizione.
Una torta di mele speziata e confortevole: la sensazione è quella del ripieno di uno strudel racchiuso in un guscio ancora più goloso e irresistibile.
E se invece amate una torta di mele con tanto latte, date un occhio qui.
STRUMENTI
Planetaria munita di frusta piatta (K)
Tortiera con cerniera da 22/24 cm (io uso questo)
Tritatutto o food processor
carta forno
grattugia a fori larghi
INGREDIENTI
per la torta di mele viennese, il dolce austriaco della tradizione
Per la base della torta
200 g farina per dolci
200 g burro freddo
100 g zucchero
½ bustina di lievito per dolci
la scorza e un cucchiaio di succo di un limone
2 pizzichi di sale
1 uovo
4 cucchiai di gelatina di albicocche o o confettura di albicocche
Nella ciotola della planetaria sabbia la farina setacciata con il lievito insieme al burro freddo tagliato a cubetti piccoli.
Appena si è formato una sorta di composto sbriciolato, ferma la macchina.
Sfrega la scorza di limone grattugiata nello zucchero, poi versa quest’ultimo nel mélange di burro e farina insieme al succo e alla scorza del limone, mescolando a media velocità.
Abbassa la velocità della planetaria e aggiungi infine l’uovo leggermente sbattuto con il sale. Lavora poco l’impasto.
Appena si saranno fermate briciole grandi di impasto, ferma la planetaria, rovescia il composto sul piano di lavoro e compattalo bene con le mani dando la forma di panetto abbastanza schiacciato (così raffredda prima).
Avvolgi con pellicola e riponi in frigorifero a raffreddare per almeno 2 ore.
Per il ripieno
3/4 mele Golden o Renette (io ho usato le Granny Smith)
2 cucchiai di Cognac oppure rum
1 cucchiaino di cannella
Sbuccia e taglia le mele a cubetti non troppo grandi.
Marinale con il Cognac e la cannella per circa 5 minuti.
Per le briciole (streusel)
100 g farina 00 per dolci
100 g burro freddo a cubetti
100 g di zucchero semolato (o di canna)
2 cucchiaini di cannella
2 cucchiai di amaretti sbriciolati (io ho usato la farina di mandorle)
1 pizzico di sale
2 cucchiai di mandorle sfilettate per decorare
Frulla nel food processor tutti gli ingredienti: metti il panetto a forma di salame in frigorifero fino a che non sarà freddo e sodo.
Composizione del dolce.
Stendi la frolla tra due fogli di carta forno spolverizzati di farina in forma di un cerchio 2 cm più largo dello stampo che stai utilizzando.
Stacca un foglio da un lato, elimina la carta forno in eccesso del foglio rimasto attaccato al disco di frolla, quindi accomoda il tutto nello stampo, assicurandoti di avere un bel bordino di pasta laterale di circa 2 cm che faccia da contenitore per il ripieno di mele.
L’impasto sarà molto morbido per via della quantità di burro: aiutati eventualmente con i polpastrelli per modellarlo lungo i bordi.
Spalma la gelatina di albicocca sulla superficie con un cucchiaio, poi distribuisci uniformemente i cubetti di mela. Copri con il composto con lo streusel ben freddo sbriciolandolo sopra con una grattugia a fori larghi.
Distribuisci le mandorle a filetti e inforna per circa 50 minuti a 200°C in forno statico.
Sforna e lasciate raffreddare.
Servi la Torta di mele Viennese, il dolce austriaco della tradizione, con gelato alla vaniglia o salsa inglese.
4 Commenti
Buonissima,, meravigliosa! Piaciuto a tuttiiiiiii. . Le tue ricette sono garanzia!
❤️ Grazie per condividerle. Adesso proverò il babka speriamo mi riesca perché I lievitati non sono il mio forte! ☺ Grazie ancora! ❤
Carissima, grazie. Penso tu le abbia testate ormai tutte 🙂 e sono felice dei riscontri che mi dai.
So che forse farai fatica a crederci, ma ieri l’ho realizzata anche io (sarà leggermente rivisitata nel libro che pubblicherò).
Un affettuoso saluto
Lucia
Un libro? Sarà in edicola?
Cara Eliana, verrà distribuito nelle librerie e potrà essere acquistato online 🙂
Comunque ne darò notizia sui social e se non ricordo male tu mi segui lì! 🙂