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Idee salate

Panini arabi farciti con petto d’anatra e maionese all’aglio rosa

13 March 2020

Si può continuare a sognare in un periodo di paura?

Non pensavo mi sarei ritrovata a scrivere qualcosa a proposito del Covid-19, ed ho impiegato giorni a capire come tornare a digitare parole sulla tastiera che non ne risultassero contagiate.

Mi terrò lontana dall’esprimere un’opinione a riguardo, tuttavia sento l’urgenza di raccontare come quest’onda anomala e imprevedibile sia riuscita a infrangersi, non senza conseguenze, sulle fresche e delicate pareti di un mondo che avevo da poco costruito su intrecci di creatività, sogni e progetti. O almeno questo era quello che pensavo.

Erano i primi di febbraio e io tenevo ancora quel cestino colmo di idee fresche ed entusiasmanti fra le mani, compiaciuta di tanta ricca prosperità.
Guardavo quei frutti colorati, figli della mia mente, con lo sguardo innamorato con cui si osserva una creatura in cui scorre il nostro stesso sangue. Le ore del giorno sembravano consumarsi nella fretta di rimirarli e assaggiarli, godendo di un rinnovato spirito creativo.

verdura foodstyle

Poi è accaduto qualcosa a ricordare un fatto ineluttabile: che la vita è una ruota e questa ruota gira, nel bene come nel male, ed è quando senti di avere tutto sotto controllo e di poterti accomodare nella contemplazione del tuo “tessoro”, che comprendi quanto l’equilibrio è di per sé un concetto che implica un movimento, forse piccolo, ma incessante.

Mi sentivo sotto attacco. Ero certa che una qualche congiunzione astrale si fosse delineata con il solo obbiettivo di sabotare la mia felicità.
Disponevo di quel famoso “bicchiere mezzo pieno” tra le mani e mi lasciava sgomenta la sensazione che qualcuno cercasse di rabboccarlo, facendomi correre il rischio di perdere tutto.
Ero certa fosse perfetto così, con quelle sue piccole ed eleganti bollicine all’apparenza in perpetuo fermento.

La quotidianità aveva iniziato ad infittirsi di richieste e proposte lavorative, ma anche di problemi e disagi familiari: una prima settimana complessa in cui anche l’arrivo di un bel progetto cui ambivo non era riuscito a riscuotere l’attenzione e l’entusiasmo per lungo tempo immaginati.
Mi sentivo una pallina caricata, ancora e ancora, sull’elastico di una fionda: mi cibavo di picchi di rapida euforia per poi schiantarmi contro l’ansia generata dall’incognita di ogni mia scelta. Facevo cose, espletavo compiti, salivo e scendevo dall’auto. L’idea di entrare in cucina o di scrivere un post mi richiedeva uno sforzo titanico. Mi sentivo svuotata, incapace di produrre qualcosa di bello o meritevole di essere condiviso.
Le mie giornate non avevano più la routine che avevo creato e, accidenti, mi rendevo conto di quanto fosse prezioso poter contare sull’abitudine per continuare a far crescere qualcosa, la stessa abitudine che spesso rifuggo nel timore possa svelare un’altra identità: la noia.

food style aperitivo

Ogni tentativo di pianificazione veniva disatteso. Mi spostavo da un estremo, una richiesta, una necessità, un luogo ad un altro senza tregua, pigiando sull’acceleratore come un pilota di formula 1.
Strutturavo le giornate come fossero tabelle di marcia nel pieno di una battaglia: un’ora a cucinare, un’ora a scrivere, un’ora a valutare progetti, un’ora a risolvere i problemi dei clienti e ad ascoltarne di nuovi, altre ore ad assistere le persone care, ed altre ancora ad espletare necessità quotidiane e così via, dimenticando me stessa e, con me, l’importanza di preservare la salute del mio spirito.

Canalizzavo al minuto contributi di energia ignorando l’inevitabile conseguenza: quando arrivi a sentirti spezzato mentalmente e fisicamente, i tuoi risultati non potranno che essere scadenti.

Poi un ultimo e fatale rabbocco del bicchiere, quella goccia in più che, da sola, è stata sufficiente a far traboccare tutto: l’arrivo di quella minaccia virulenta che ha isolato comunità, annebbiato menti, chiuso scuole e svuotato luoghi di ritrovo.

Si tace spesso una grande verità: il pessimismo e la negatività sono spirali capaci di intrappolarti fino a farti ammalare. Ne stiamo tutti sperimentando il potere annichilente da nord a sud, sorpresi di quanta forza distruttiva possa avere la trasmissione del pensiero negativo, più di qualsiasi forma di contagio fisico.
Questo accade perché siamo forme viventi che distribuiscono energia nel quotidiano e che, dallo stesso quotidiano, ricavano energia.
È inevitabile, dunque, che tutto il meccanismo vada in pezzi se questa forma di equazione non regge.
Quando ci sentiamo svuotati dentro e quello che ci circonda sembra, ad un tratto, aver perso qualsiasi forma di vita, non c’è più scambio, e si finisce per cadere in un torpore che immobilizza.

Eppure siamo noi i soli responsabili della cura della nostra, unica e differente, fonte di energia.
Ignorare questo fatto è come ridurre se stessi a forme prive di anima, emozioni, vita.

Però un momento: no, non chiamarmi “santona”.

Io sono una concreta, una pragmatica, non vivo di assunti e sillogismi, ma se solo avverto che il mio mondo fatto di creativa concretezza sta per andare in pezzi, sento il dovere di ricorrere a chi è riuscito a trasformare assunti e sillogismi in un pensiero che è sopravvissuto ad anni di guerre, carestie, virus e disastri naturali.

Mi ci è voluto del tempo per imparare a farlo, in verità.

Durante gli anni del Liceo ho sempre trovato faticoso aprirmi al pensiero filosofico: senza scomodare grandi scuse, confesso che non condividevo la necessità di passare i miei pomeriggi a cercare di capire quest’arte chiamata “amore per la sapienza”.
Valeva per ogni singolo filosofo e ogni differente corrente di pensiero cui si riconducevano studi e indagini relative al senso dell’esistenza umana.

Non prendevo nulla più di un semplice 6 e mi seccava che il professore, filosofo platonico in classe e nella vita, mi reputasse poco all’altezza della questione. Ero conscia non fosse un tema di capacità, quanto di interesse, e tanto mi bastava per soprassedere al termine di ogni poco brillante interrogazione.

Fissando gli appunti, che rendevo più attraenti marcando pagine con penne colorate, mi chiedevo: perché questo o quel pensiero filosofico e non un altro? Perché una corrente di pensiero è meritevole di essere studiata e non un’altra, solo perché magari non ha mai trovato posto su un libro di testo?

È solo crescendo che ho compreso il vero vantaggio di conoscerne molteplici, a prescindere dal contenuto di ogni corrente filosofica. Saperne può essere vitale quanto avere un albero robusto nel mezzo della barca su cui si sta navigando: un sostegno concreto e sicuro a cui ancorare le vele della propria ragione nei periodi di venti favorevoli o avversi.

Ripercorrere alcune visioni del mondo, del senso dell’essere e dell’esistenza umana si è dimostrata cosa fondamentale per ridefinire il mio focus nel pieno di un momento di smarrimento, ed è stato, ancora una volta, incredibile constatare che non c’è nulla di vecchio o stantio in un pensiero formulato migliaia di anni fa, anzi.

L’uomo non è uno spettatore passivo innanzi ai fenomeni della natura o alle circostanze, ma imprime attivamente su di essi il suo stato d’animo, l’atteggiamento che ha scelto di adottare e le sue leggi, sempre.
Lo sosteneva Kant, poco più che trentenne, nel 1700.
Semplificando, non esistono esperienze buone e cattive in forma assoluta, ma esperienze che ciascuno di noi può rielaborare in modo differente, traendo da queste informazioni o insegnamenti cui daremo un valore positivo oppure negativo.

Siamo gli unici responsabili di quello che generiamo e che attraiamo, perché il nostro modo di vedere influenza la nostra realtà quotidiana: il nostro pensiero può nutrirla o può avvelenarla e da quella realtà cui avremo dato forma potremo finirne inghiottiti oppure potremo uscirne più forti e robusti.

vegetable food style

In quale momento preciso ho scelto di vedere dei frutti avariati in quel cestino?

Dopo diversi giorni di smarrimento in cui ho lasciato le mie capacità di analisi in salamoia, ho trovato una risposta: tutte le volte in cui ho scelto di considerare quello che stava accadendo come un’onda che mi avrebbe atterrato scombinando i miei progetti, anziché pensare ad essa come ad un’opportunità da cavalcare per ricavarne qualcosa di buono e inaspettato.

In quelle settimane di frenetico fare avevo cominciato a trascurare me stessa e i miei bisogni e ad alimentarmi di cibo che nutriva con sostanza solo il mio corpo ma non la mia anima.
Per rendermi disponibile a caricarmi di tutto e incapace di riordinare le priorità, avevo finito per non essere onesta con me stessa e non distinguere più ciò che può rendermi sana, energica, positiva da ciò che può inaridirmi e consumarmi fino a lasciarmi per terra boccheggiante.
Perché qualcosa di buono effettivamente c’era, ma io avevo scelto di non vederlo, convinta che una strana forza del destino volesse boicottare la mia esistenza.

E dunque sono ripartita da me, dal mio modo di pensare, dalle mie esigenze. Ho soppesato con attenzione le priorità altrui non dimenticando di riservare spazio alle mie, sacrificando ciò che drenava fatiche non dovute in favore di attività che rinnovassero la mia fonte di energia, di cui sono l’unica responsabile perché condiziona il mio modo di dare forma ad ogni giornata.

Qualche giorno fa pensavo che quello che avrei ricordato di questo (dicesi bisesto/funesto) 2020 sarebbe stata la grande sensazione di aridità che ha bruciato, oltre a significative risorse economiche del nostro Paese, parte di quell’entusiasmo che con tanta disponibilità emotiva avevo costruito.

Poi ho scelto di cambiare punto di vista.

Panini foodstyle

Quindi ho preso la penna e messo nero su bianco ciò che mi fa stare bene, da sempre: passare del tempo con mia sorella, guardare insieme al mio compagno un cartone di Miyazaki, passeggiare lungo il fiume che collega la mia città al mare, curare i fiori del mio piccolo giardino, realizzare e condividere con chi mi legge la ricetta di una mia specialità culinaria un po’ inconsueta ma che mi rappresenta molto per varietà di gusti e colori.

A seguire ho tirato una linea ed aggiunto attività che fino a ieri non avrei mai considerato di fare, perché la ruota non aveva ancora sovvertito l’ordine delle cose e il mio mondo era diverso: occuparmi di più dei miei genitori, dedicarmi a meno progetti ma offrendo i miei pensieri più curati, raccontare luoghi visitati in passato di cui conservo tante immagini, desiderosa di riempire di bellezza le prossime pagine.

Poi ho messo un punto.
Infine, ho scelto di cominciare a farle.

RICETTA dei Panini arabi farciti con petto d’anatra e maionese all’aglio rosa

Il cibo si trasforma in energia, pensieri e sentimenti e scegliere ingredienti sani è una forma di rispetto verso noi stessi.
La ricetta a seguire rappresenta una delle più intense forme di goduria al di fuori del mio amato mondo dolce.  Ne amo colori e consistenze e trovo bella l’idea di rendere indimenticabile il morso di una preparazione così semplice e conviviale come un panino.
È stata realizzata con una delle farine appartenenti alla Linea Benessere di Grandi Molini Italiani: VivAvena. Si tratta di un preparato per pane a base di grano tipo 0, fibra d’avena e fiocchi d’orzo, contenente significative quantità di beta-glucani. Si trova solamente online, qui, e di questi tempi è bello sapere di poter contare su un servizio che ci agevola le giornate.
In un panino da 80 grammi realizzato con VivAvena sono presenti 1,6 grammi di questi elementi, preziosi per il mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue.

SUGGERIMENTI
per I panini arabi farciti con petto d’anatra e maionese all’aglio rosa

  • Vivavena è un preparato di Grandi Molini Italiani a base di fibre di avena e fiocchi d’orzo. Contenendo lievito madre essiccato e lievito di birra, è perfetto per realizzare in breve tempo pani morbidi e gustosi come il pane arabo all’avena. Lo puoi trovare in vendita qui.
  • I Panini arabi farciti con petto d’anatra e maionese pastorizzata all’aglio sono perfetti per un buffet primaverile. Semplici da comporre anche all’ultimo momento perchè tutta la farcitura può essere preparata in anticipo.
  • Con questi ingredienti potrai farcire circa 6/8 panini (a seconda di quanto li vorrai ricchi).
  • Puoi conservare la maionese pastorizzata in frigorifero (in un barattolo di vetro coperta con pellicola a contatto) per alcuni giorni.
  • Se non ami il sapore dell’aglio, salta il passaggio della macerazione e procedi come da ricetta.

Panini arabi farciti con petto d'anatra e maionese all'aglio

step 1 – PREPARA LA MAIONESE PASTORIZZATA ALL’AGLIO ROSA

Per la maionese pastorizzata all’aglio rosa (ricetta base di Luca Montersino)

(ricaverai 400 g di maionese che potrai conservare per diversi giorni in frigorifero)

Ingredienti

2 spicchi d’aglio (io ho usato quello rosa che ha un sapore più delicato)
60 g d’uovo (ovvero 1 uovo intero grande)
20 g di tuorlo (circa 1 grande)
5 g senape (ovvero 1 cucchiaino)
10 g aceto di vino bianco
10 g succo di limone
250 g olio di semi vari
50 g olio extravergine di oliva
3 g di sale e pepe a piacere

Procedimento

Per i panini arabi al rosmarino con VivAvena

Ingredienti

300g di preparato VivAvena
210 ml di acqua naturale a temperatura ambiente
7 g di sale fino
rosmarino fresco tritato
fiocchi di fior sale a piacere

Procedimento

Versa il preparato Vivavena nella ciotola della planetaria insieme al sale e al rosmarino. Mescola, poi aggiungi l’acqua.
Monta il gancio impastatore e lavora l’impasto per circa 5 minuti a media velocità affinchè l’acqua venga assorbita dalla farina.
Noterai che, ad un certo punto, l’impasto si staccherà bene dalle pareti della ciotola.

Staccalo dal gancio e lascialo sul fondo della ciotola per circa una mezz’ora.
Per evitare che, nell’operazione, si incolli alle mani, puoi inumidirti leggermente i palmi e le dita e/o aiutarti con un tarocco.

Lascia riposare l’impasto per 30-40 minuti nella ciotola coperta da un panno.
Al termine, rovescia l’impasto su una superficie leggermente spolverizzata di semola o farina.
Sgonfialo leggermente con le nocche, forma un salsicciotto, dividilo a metà e dividi ogni metà in 4 parti.
Allargale con le mani a formare 8 dischi e poi ponili su una placca ben spolverizzata di semola o coperta di carta forno.

Lascia lievitare nella cavità del forno (porta chiusa) fino al raddoppio.
Estrai la teglia, porta il forno a 200° C.
Pennella la superficie dei panini con dell’acqua, spolverizza con altro rosmarino tritato e fiocchi di sale a piacere (oppure li pennelli solo con un velo d’acqua).
Inforna per circa 9/10 minuti: il pane non deve colorare ma restare chiaro.
Rimuovi dal forno e lascia raffreddare.
Si conservano a lungo in un sacchetto di plastica per alimenti.

step 3 – PREPARA IL PETTO D’ANATRA

Per il petto d’anatra

Ingredienti

1 petto d’anatra (con la pelle) dal peso di circa 400/500 g
pepe nero

1 cucchiaio di Vermut
1 cucchiaio di Tamari (salsa di soia giapponese)
1 cucchiaino di miele
il succo di 1 limone

Procedimento

Incidi la pelle dell’anatra realizzando dei tagli paralleli in entrambe le direzioni: dovrai ottenere una sorta di griglia.
Insaporisci con del pepe.
Appoggia il petto capovolto (con la pelle verso il basso) sul fondo di una padella fredda, poi poni sul fuoco.
Così facendo il grasso si scioglierà senza bruciare.
Cuoci per circa 7/8 minuti dalla parte della pelle, poi 3/4 minuti dall’altra.

Durante la cottura spennella la pelle con la marinata realizzata mescolando tutti i restanti ingredienti.
Al termine poni in forno per 5 minuti a 200° C con la pelle rivolta verso l’alto affinchè si caramellizzi.

All’uscita dal forno appoggia il petto su un tagliere sollevandolo con due mestoli in legno. Lascia intiepidire.
I succhi di cottura puoi farli ridurre sul fuoco ottenendo così una salsa sciropposa che potrai utilizzare per laccare l’anatra prima della farcitura del panino.

step 4 – CONFEZIONA I PANINI

Farcitura dei panini arabi farciti con petto d’anatra e maionese all’aglio rosa

Ingredienti

2 cipollotti
2 peperoncini rossi piccanti
1 avocado
succo di lime e limone.
maionese all’aglio
petto d’anatra

Procedimento

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