C’è un dolce che racconta la Val Venosta più di mille cartoline: lo strudel di albicocche, e non uno a caso.
Lo strudel di albicocche del Panificio Schuster di Glorenza. Ci sono capitata su suggerimento di voci locali come una tappa imperdibile: “il loro pane alla pera Pala, una varietà locale, è stupendo!”, mi aveva raccontato la mia guida Andrea al termine di un percorso nel bosco per scoprire le varietà di erbe locali. Non ho atteso a lungo per raggiungerlo.
Glorenza è un minuscolo borgo fortificato, un piccolo mondo antico e silenzioso, davvero a pochi passi dal confine svizzero. Uno scrigno intatto che abbiamo ereditato dal Medioevo alpino. Ci si arriva dopo aver ammirato castelli e fortezze di cui l’intera Val Venosta è costellata e si presenta con mura possenti, torri merlate e portici eleganti. Passeggiarvi riporta in una dimensione fuori dal nostro tempo. Le porte delle botteghe si infilano tra un arco ed un altro, nelle minuscole viuzze che ne costituiscono il reticolato. Proprio tra queste ho scovato la porticina del Panificio Schuster di Glorenza, un baluardo di autenticità che resiste nel tempo.
Ci sono voluti un paio di istanti per portare in cassa 4 pani di segale alla pera e alla mela e due fettone di strudel, una per tipo: albicocche e mele, i frutti iconici di questa valle.
L’ho fatto senza esitazione, consapevole della cura e dell’attenzione che viene riservata tuttora ad un ingrediente così semplice quale il pane. E proprio qui il pane è passato da essere nutrimento ad una testimonianza vivente di come la Val Venosta, storicamente considerata “il granaio d’Europa in miniatura” abbia sempre difeso la sua identità, anche a tavola. Da secoli, infatti, questa terra è votata alla coltivazione non solo di frutta e ortaggi ma anche di cereali come segale, frumento e farro. Coltivarli a queste altitudini, tra 500 e 1700 metri, non è mai stato facile per i contadini venusiani per via delle gelate improvvise, dei venti freddi, delle forti escursioni termiche tra giorno e notte. Possiamo dire che è grazie alla loro tenacia che la qualità inconfondibile delle loro farine è tuttora riconoscibile nel gusto, nel profumo e nella purezza.
Forse è la segale, in particolare, la regina indiscussa, con il suo carattere selvatico e forte, ben adattabile allo sfidante clima montano. Veniva un tempo macinata nei piccoli mulini ad acqua dei masi che, ancora oggi, punteggiano i pendii delle valli con i loro tetti di scandole e i fienili. Ogni maso produceva per l’autosussistenza: burro, formaggi, cereali, frutta secca, e lo stesso pane, spesso cotto nel forno comune del villaggio, diventava il simbolo di una comunità operosa e solidale.
Ti viene da ricordarle queste cose mentre mordi un pezzo di pane alle pere del Panificio Schuster, una pagnotta fatta solo di farina di segale, acqua, lievito naturale e frutta: un’armonia aspra e gentile, come le genti di queste montagne, dolce come solo una cosa fatta in modo antico sa essere. Chi impasta dentro quella piccola bottega, nel cuore della notte, tutt’ora mantiene viva l’eredità del passato.
Per questo, quando si varca la soglia del Panificio Schuster, si ha la sensazione di entrare in un piccolo museo vivente, dove ogni crosta è preziosa e merita di essere assaggiata. Quella dei pani e quella dei dolci. E quindi “due fette di strudel, per favore, uno di mele e uno di albicocche”, scelti come un atto dovuto per omaggiare due ingredienti che, in questa valle, non sono semplici frutti, ma veri simboli locali. Ma se il primo, la mela, è molto più “pop”, il secondo invece rappresenta un piccolo tesoro tutto da scoprire, che resiste al mercato globale, che racconta una terra in modo esclusivo.



Perché l’albicocca della Val Venosta è un inno breve e luminoso all’estate. Matura lenta, assorbe luce e vento… e dura il tempo che dura. Ha un profumo capace di raccontare in anticipo ogni sfumatura del caldo sapore dell’estate di montagna grazie a quella dolcezza rotonda e mai compiacente, sempre accompagnata da una nota viva, acidula e fresca.
Me lo sono goduto fissando il sole che si alzava sulla vallata dal terrazzo del Matillhof: ogni singola, buonissima briciola, e, inevitabilmente, ho chiesto la ricetta che mi è stata con prontezza regalata.
«Per la frolla usiamo una parte di zucchero, due parti di burro e tre parti di farina, con quattro uova ogni chilo di farina di grano tenero. Aggiungiamo un po’ di aroma di limone e un pizzico di sale. Per il ripieno, scegliamo solo albicocche della Val Venosta, intere o a metà, a seconda della grandezza. Le mescoliamo con un po’ di zucchero e pangrattato, giusto quanto basta per assorbire il succo in cottura. Poi stendiamo la frolla, distribuiamo bene il ripieno e chiudiamo. Cuociamo in forno a 220 °C per circa 45 minuti, finché diventa dorato e profumato. Una volta freddo, lo spolveriamo con zucchero a velo.»
E io pensavo che si trattasse solo di grammature scoprendo poi, mio malgrado, che non è affatto così: perché non sono molto differenti da quelle che usavo per il mio strudel di mele.
La differenza in realtà è tutta nella materia prima: quella ragione in più per andarci in questa terra e scoprire non solo uno strudel buonissimo ma ogni suo piccolo tesoro, anche da portare a casa.
Serve la farina di grani coltivati con cura, il burro di montagna, le albicocche a perfetta maturazione.
Perché dentro quella fetta di strudel di albicocche della Val Venosta del Panificio Schuster c’era un pezzo di territorio, un frammento di cultura contadina, un assaggio di identità. E, ora che lo sapete, forse un passaggio in Val Venosta vi verrà voglia di programmarlo.
Se desiderate una Guida gastronomica della VAL VENOSTA con posti imperdibili (dagli hotel alle latterie) per visitare questa terra, la trovate qui.
Se invece cercate nei supermercati la albicocche venostane… ricordate: sono quelle con la coccinella rossa 🙂
Ecco qui la ricetta di uno dei dolci tipici dell’Alto Adige tra i più amati.
STRUDEL DI ALBICOCCHE DELLA VAL VENOSTA
ricetta originale del Panificio Schuster di Glorenza


Questa è la ricetta, ricalcolata nelle grammature, che ho realizzato io:
INGREDIENTI
PER LA FROLLA
500 g farina 00
330 g burro freddo
165 g zucchero semolato
2 uova intere
Scorza grattugiata di 1 limone bio
2 g sale
PER IL RIPIENO
800 g – 900 g di albicocche venostane
3/4 cucchiai colmi di pangrattato
2–3 cucchiai di zucchero semolato
vaniglia a piacere
PROCEDIMENTO
1. Prepara la frolla
Sabbia la farina setacciata con il burro freddo a cubetti e lavora fino ad ottenere una sabbia grossa, sul piano di lavoro o in una ciotola.
Fai un buco nel mezzo e aggiungi zucchero, sale, scorza di limone e le uova. Mescola con una forchetta e impasta fino a ottenere una palla liscia e omogenea. Avvolgi con pellicola e lascia riposare in frigo almeno 1 ora.
2. Prepara il ripieno dello strudel di albicocche
Lava, asciuga e taglia le albicocche a metà, elimina il nocciolo.
Spolverizza con lo zucchero e fai riposare 10–15 minuti. Se ti va, tosta leggermente il pangrattato in padella con un po’ di burro e vaniglia per un sapore più pieno.
3. Stendi e farcisci
Stendi la frolla fredda su carta forno in un rettangolo lungo circa 40–45 cm, spesso 4–5 mm (corrisponde circa alla misura di un foglio pretagliato di carta forno). Cospargi una metà circa con una generosa quantità di pangrattato. Disponi sopra le albicocche sormontandole e aggiungi il resto del pangrattato.
4. Chiudi e inforna
Ripiega l’altra metà di frolla sul ripieno e sigilla bene le estremità avendo cura di spennellarle con del tuorlo. Spennella con del tuorlo anche la superficie. Trasferisci il foglio di carta con lo strudel di albicocche sulla teglia. Cuoci a 220°C statico per circa 40–45 minuti (controllalo) o fino a doratura.
Sforna e lascia raffreddare su una gratella. Spolverizza con zucchero a velo.
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