Non so se sia più difficile tenere insieme le strisce di pasta o i pezzi sparsi con cui sto cercando di arrivare al TEDx di Jesolo.
Una prova immensa che per un leone potrebbe sembrare niente.
Lo so, in tanti intorno a me lo pensano: ti piace stare sul palcoscenico, altrimenti non faresti quello che fai. E io li lascio pensare che sia così. L’unica cosa che so è che a me piace stare dietro alla fotocamera, non davanti. Oppure, meglio ancora, lasciar parlare le mani.
Non mi piacciono i venditori di fumo, e i fatti mi hanno sempre affascinato di più delle parole, delle promesse, dei “si potrebbe” e delle continue proiezioni sul futuro, sebbene sia rimasta talvolta intrappolata nelle reti a strascico della dotta seduzione verbale.
Biscrostata ai fichi – 46 anni, una parola sola: pazienza
“Trasloco”: ormai la dico come se fosse una preposizione.
Un prefisso muto che precede ogni mio gesto, ogni mio pensiero, ogni lista scritta al volo sull’app delle note. Trasloco come tempo verbale, come condizione mentale, come status sociale. Come sono presa. Altro che unghie laccate e abiti perfettamente stirati. Dove sono finiti i tempi del tango su tacco 8.5? Perennemente con le borse in mano, sacchetti con cambi improvvisati, spazzolini lasciati di qua e di là “ché non si sa mai magari qui ci torno”. Da ottobre 2024 sono stata la regina delle “ospitate” quando non sono rinchiusa nelle mie due stanze provvisorie dove trovano spazio luci, fotocamere, trucchi, vestiti, pentole, valigie, prodotti da fotografare: scatoloni veri e scatole emotive. Un alloggio momentaneo in cui ho accatastato provvisoriamente pezzi — mobili, immagini, ricordi, routine, parole.
C’era bisogno di aria fresca, di un bel vento che ti strappa dalla quotidianità e dalle stanche abitudini cittadine senza darti il tempo di realizzare.
C’era bisogno, più che di una vera vacanza, di un cambio di routine, in cui non comandando gli orari degli shooting o degli incontri, delle email da evadere “asap”.
In un rovente giorno cittadino di fine giugno ho caricato la macchina con qualche vestito stropicciato recuperato dagli scatoloni del trasloco, la videocamera, una manciata di libri e un grande sacchetto di pomodori dell’orto di mio padre — quelli che brillano caldi di sole e di fatica. Quel giorno, lasciandomi tutto e tutti alle spalle sono partita per quello che considero il mio solido, caro, accogliente, vecchio mondo. Perché a Cortina ci vengo da quando ero bambina.
C’è un dolce che racconta la Val Venosta più di mille cartoline: lo strudel di albicocche, e non uno a caso.
Lo strudel di albicocche del Panificio Schuster di Glorenza. Ci sono capitata su suggerimento di voci locali come una tappa imperdibile: “il loro pane alla pera Pala, una varietà locale, è stupendo!”, mi aveva raccontato la mia guida Andrea al termine di un percorso nel bosco per scoprire le varietà di erbe locali. Non ho atteso a lungo per raggiungerlo.
Guida gastronomica Val Venosta: cosa mangiare, dove dormire e tappe da non perdere
9 July 2025Il mio viaggio comincia da un risveglio al Matillhof, nel buio silenzioso di una stanza dalle ampie vetrate che si affaccia su Laces.
I primi raggi filtrano impercettibili attraverso le nubi che veloci passano sopra la testa. Mi vesto, afferro la macchina fotografica e scendo le scale antiche che sanno di legno e pietra. Un sorso di succo di mela al mattino, del pane ai semi e l’imbarazzo della scelta davanti al tavolo dei mieli e delle confetture: un’eccezione che solo in questi luoghi mi concedo.
Pie di pesche perfetta: per lei non puoi far altro che aspettare.
Come ogni cosa il cui valore è strettamente dipendente dal passare del tempo.
Non la prepari in dieci minuti ed è per questo che sfugge a qualsiasi categorizzazione moderna del tipo: “pronta in 5 minuti”, “veloce”, o – peggio ancora – “furba”. Furbo è chi chi arriva appena l’hai sfornata.
Lo dico più facile: devi lavorarci, come tutte le cose belle e buone che costano fatica ma che valgono ogni minuto speso.
Che banalità, eh? Eppure è meglio rinfrescarsi le idee in premessa, prima di scendere nei dettagli e poi farsi prendere dallo sconforto (che arriva sempre, di solito al momento dell’intreccio, quando magari hai 4 strisce mentre te ne servono 8).
Torta al cioccolato e ciliegie: No hate – Just cake. Ovvero: la dolce tregua dolce di chi ha sempre qualcosa da tenere in piedi.
Pensavi di essere a cavallo, di avere le redini salde in mano – finalmente – di conoscere la tua direzione, di avere sotto controllo tempi, di padroneggiare gli strumenti giusti per dirigere la tua vita.
E invece … come ci sei finita di nuovo col sedere per terra a rincorrere ogni singolo attimo della quotidianità? cosa ci fai come un pesce rosso che annaspa a fior d’acqua?
Non troppo dolce, come la sua K iniziale: il Kulìč è un lievitato russo tradizionalmente preparato per la Pasqua, il parente ortodosso della colomba: è alto, sontuoso, glassato, portato in chiesa per essere benedetto, come si fa con le cose sacre. E io, che con le lievitazioni lente ho un rapporto al limite tra il mistico e il confuso, non potevo non provarci. Ma è proprio un Kulìč o piuttosto un Cruffin? Un attimo solo, ora ci arrivo.
Continua a leggere…Bundt cake al miele e arancia rossa: in altre parole, le forme gentili ma decise della donna che ammiro.
“Non c’è cancello, nessuna serratura, nessun bullone che tu possa reggere con mano mortale in grado di imprigionare la libertà della mia mente”. Parole dal pugno di Virginia Woolf, nel secolo scorso, mai come oggi attuali e significative per me al pari di: “Ognuno va dove vuole stare e lascia ciò che vuole perdere”. Lo scriveva la “rivoluzione anzitempo” fatta persona, Frida Kahlo, personaggio che m’incanta da sempre, incarnazione di forza e sofferenza, donna che ha amato fino all’osso, che si è spezzata e ricostruita mille volte.
Nelle sue opere, nel suo viso fiero, nel suo fardello di dolore esibito senza vergogna c’è tutta la forza di chi non ha mai smesso di essere fedele a se stessa. È questo che mi ispira di lei: la capacità di stare in piedi nonostante tutto, di raccontarsi senza filtri, di non avere paura di mostrarsi fragile e tenace allo stesso tempo. E di riuscire, senza il minimo fraintendimento, ad esserlo.
Fra piume dorate e velluti scuri, mi sono apparecchiata per il Carnevale mascherandomi come una dama di corte a un ballo segreto, per parlare di… frittelle di Carnevale all’arancia che con Venezia non c’azzeccano nulla.
Cosa penserebbe il Doge se mi vedesse? Forse “Ma come osi, tu, campagnola di terraferma!?”.
Sì, griderebbe allo scandalo, perché ai veneziani certi torti non puoi proprio farli. Un inganno? un affronto storico? o solo un capriccio carnevalesco?
Dogi defunti, quindi a voi che leggete la sentenza.
La solita truffa per intellettuali coi sandali. È questa la frase che sento spesso quando si parla di agricoltura biologica. Me la immagino pronunciata con sarcasmo e una risatina complice, come a dire: “Ah, davvero credi ancora a ‘ste cose?”. Perché è opinione ampiamente condivisa e perché c’è stato un tempo in cui l’ho pensato anche io. Perché il biologico, nel sentire comune, è diventato l’equivalente gastronomico delle campane tibetane: roba per fanatici che ascoltano suonare i cristalli e sborsano cifre blu per una carota.
Continua a leggere…L’ispirazione per questo strudel salato di verdure e ricotta è arrivata qualche settimana fa, mentre me ne stavo con le gambe sotto al tavolo dell’osteria La Paternale di Giavera del Montello, il mio rifugio occasionale quando ho bisogno di sentire calore intorno, e cibo godurioso sotto i denti.
Continua a leggere…Amanti della mania del controllo, questo scarabocchiare lo dedico a voi.
Perché io vi comprendo profondamente e per questo posso dire che vi compatisco e vi giustifico, anche se da qualche tempo sono uscita dal gruppo, con la pressa di Jack Frusciante.
Puglia, estate 2024. Tra un bagno ed un pasticciotto ci ho infilato un corso di orecchiette. L’ho deciso così, su due piedi, anzi su due scalini di una delle tante chiese barocche in una Lecce insolitamente silenziosa e molto scarica di turisti.
“Lezione di cucina con orecchiette e abbinamento di vini” presso La Strada del Vino Wine Bistrot, sotto la guida dell’affascinante Ilenia, tour operator salentina con una solida passione per la cucina di una volta, appresa girando di casa in casa di donne anziane custodi del sapere gastronomico pugliese.
Luglio inoltrato, anzi, agosto, me l’ero scordato.
Vacanze last minute a cui pensare, una casa da smontare e a breve da lasciare, un nuovo tetto da trovare.
Il tempo in queste settimane è scivolato via come una valanga, veloce e inarrestabile.
Treviso è già vuota ma piena di una luce che brucia, il che è davvero perfetto per crogiolarsi in una malinconia che arrangio sulle note di “Azzurro” di Adriano Celentano: un po’ nostalgica ma tutto sommato pimpante.