Ricordo del mio Natale 2020: semi-serio ritratto di famiglia dal titolo “quest’anno faccio con quello che ho”, sperando che il 2021 mi restituisca tutto il calore umano che quest’anno non ho potuto sentire.
Continua a leggere…Sono distesa sul divano con la boule dell’acqua calda sulla pancia, uno dei più significativi momenti di sballo degli ultimi tempi.
Questo dicembre è arrivato con la velocità di quella corda che, da piccolina, le amiche sollevavano sopra la mia testa: la stessa che, scendendo, rischiava di atterrarmi se non mi fossi fatta trovare con le caviglie sollevate.
Non dev’essere un caso se mi ritrovo ancora a parlare di quella corda che, a gennaio del 2020, mi ero ripromessa di saltare alle 5 di ogni mattina. Confesso pubblicamente d’aver smesso dopo circa un mese e mezzo, incapace di tenere, anche di prima mattina, quel ritmo che ha scandito questi 360-quasi-5 giorni. La verità è che ho saltellato sempre, eccezione fatta per Luglio, meravigliosa parentesi in cui mi sono ritirata in semi-solitudine a scrivere tra i monti in compagnia quasi esclusiva dei miei suoceri, cosa che a qualcuno potrebbe sembrare una maledizione, soprattutto in un anno del genere, mentre nei miei ricordi ha il profumo della libertà.
Processo creativo. Non suona fiabesco, ma in verità ha molto a che vedere con il proprio mondo immaginario.
Perché sentiamo più vicino al nostro modo di sentire un certo stile fotografico anziché un altro?
Vorrei cercare di rispondere a questa domanda raccontando come approccio ogni sessione fotografica. Non ho mai scritto di questi argomenti, ma sono consapevole che sapere qualcosa di più di questo tema farebbe felice per lo meno una decina di affezionati lettori che spesso mi chiedono di sollevare le tende per scoprire un po’ di più.
La ciliegina sulla torta e… le giuggiole sulla crema.
Continua a leggere…Ci sono poche cose che mi gratificano in questi giorni quanto vedere la porta di casa circondata da capannelli di zucche. Nasce da questo il desiderio di preparare la Torta alla zucca e spezie con sciroppo al lime.
A Mantova, durante il mio ultimo viaggio, ne ho comprate di qualsiasi colore e forma, certa di poter disporre di tutto l’inverno per sperimentarle in molteplici ricette. Ma se la mantovana e la Chioggia Marina, dalla buccia spessa e dura, possono permettersi di prendere aria ancora per diversi mesi, ho scoperto non essere lo stesso per la Delica e la Hokkaido.
Quel giorno in cui sono partita per Mantova avevo messo in valigia poche cose da vestire, ma non avevo scordato un cesto di fiori e qualche bottiglia di vino.
Qualcosa mi lasciava intendere che ci sarebbe stata una gran tavola imbandita al mio arrivo e, conoscendo un pochino i piatti locali, sapevo che avrei fatto centro portando una Barbera D’Asti Superiore Docg.
Non avevo sbagliato.
Dicono che i social media siano il non luogo della socializzazione, il refugium peccatorum di coloro che temono le relazioni sociali, la strada più semplice per sottrarsi al reale e avvolgersi nel proprio bozzo crogiolandosi nel mondo della finzione.
Si sostiene che tra le pagine virtuali, fatte per lo più di immagini e citazioni, le persone riescano ad anestetizzare i propri dolori, sedotte da proiezioni di futuribili se stessi, dimenticando che, per restare ben in sella alla vita, è importante essere presenti e coscienti di se stessi, nel corpo e nello spirito, nel qui ed ora.
Sono in partenza e sono tesa, perchè devo farlo in un momento in cui so che sarebbe meglio non mi allontanassi da casa.
Sono in partenza e sono felice, perchè tornare in mezzo alla natura mi ricorderà che c’è qualcosa di bello per cui vale la pena sopportare tante quotidiane brutture della vita, dei tempi e della società.
Sono in partenza e sono emozionata, perché da quando sono rientrata dalla Val Zoldana non ho più fotografato per puro piacere, ma unicamente per dovere.
É passato un anno dal mio ultimo viaggio in Borgogna e non so dire quali siano le cose che più mi mancano.
Ho trascorso gli ultimi mesi a rispolverare ricordi, intrufolandomi in qualsiasi pertugio come un cane da tartufo: si era reso necessario per la stesura del libro ma è risultato comunque benefico per lo spirito in un momento in cui desiderare di oltrepassare i confini sembrava essere un tabù.
Ogni volta che in luglio arrivavamo in prossimità di Longarone tiravo sempre un doppio sospiro: uno per il fatto che avevamo già percorso metà di quella strada che ci separava dalla meta e un altro ricordando che mamma aveva lasciato quel paese, situato lungo il Piave, giusto alcuni anni prima della notte in cui il mostro d’acqua scavalcò la diga del Vajont per distruggere tutto quello che avrebbe trovato nella vallata.
Duemila anime, interi paesi, strade, edifici, ricordi. Continua a leggere…
Di piaceri e paure, e di piaceri che spesso generano paure.
Quanto ai primi, Brecht dava questa definizione: il primo sguardo dalla finestra al mattino, il vecchio libro ritrovato, volti entusiasti, neve, il mutare delle stagioni, il giornale, la dialettica, fare la doccia, nuotare, musica antica, capire, musica moderna, scrivere, viaggiare, cantare, essere gentili.
Avrò riletto questo elenco almeno dieci volte chiedendomi se, sotto traccia, si celasse anche un ordine di importanza e cercando di capire quali io trovassi parimenti condivisibili.
Ho impacchettato Maggio con una certa dose di sollievo.
Se mi avessero detto cosa avrei trovato dietro le porte di questa fase 2 non mi sarei alzata così volentieri dal letto quel 4 mattina.
Allo scadere dell’isolamento pensavo di aver schivato gli ospedali e invece mi sono ritrovata nel mezzo del fosso con entrambi i piedi e nella peggiore delle posizioni, tentando di interpretare a distanza come curare mio padre, senza sapere come sarebbe andata a finire e sperimentando nuovamente sulla pelle quanto i problemi di salute siano una delle cose più spiazzanti del vivere. Continua a leggere…
“E allora, mi dica un po’, cosa sta succedendo?”
“Vede dottore, è un po’ come se avessi festeggiato in 5 mesi un Natale, un Carnevale e una Pasqua e poi avessi trasformato ogni altro giorno non festivo, in un altro Natale. Insomma, stamattina ho riesumato la bilancia che fino a 2 ore fa non sapevo nemmeno dove fosse sepolta e ci sono salita per la prima volta dopo circa 1 anno. Le devo dire che mi si è aperto un mondo di numeri improbabili quanto quelli del lotto.”. Continua a leggere…
Ci sono cavalli di battaglia e cavalli di battaglia.
Il mio è bianco, ha forme croccanti, un cuore morbido. No, non è un unicorno e, soprattutto, non può non piacere.
Modesta, eh?
In questo caso, dire le cose esattamente come stanno, correndo qualche rischio di peccare di tracotanza, ha il suo perché: ammetterlo contribuisce ad abbattere un muro di convinzioni che la maggior parte delle persone si è costruita rispetto a questo dessert.
Un muro di “non mi verrà mai” che sembra insormontabile e che lo rende uno dei dolci più affascinanti forse proprio perché apparentemente irraggiungibili.
Tutto-il-contrario.
Ho sempre avuto una certa passione per le trecce. La prima volta che ne ho tenuta una tra le mani avevo sei anni e si trattava proprio della mia: mamma aveva consegnato me e Laura alla giovane parrucchiera Michela che prima aveva lavato le nostre folte chiome e poi era passata ad intrecciarne le ciocche lucide. Infine ne aveva serrato le estremità in un nastro colorato: rosa per me e rosso per Laura.